Nell’anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile i dati sul tema non sono di buon auspicio. All’inizio del 2020 i bambini sfruttati erano 160 milioni (quasi 1 su 10) e negli ultimi quattro anni il loro numero è aumentato di 8,4 milioni. Queste le recenti stime di Unicef e Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro).

Ieri è stata la Giornata contro il lavoro minorile e il presidente dell’Unicef, Giacomo Guerrera, ha dichiarato che “nei Paesi in via di sviluppo, molti bambini sono costretti a lavorare perché sono orfani o separati dalle famiglie, o perché devono sostenere il reddito familiare. La crisi finanziaria globale ha ulteriormente spinto i minori ad avviarsi precocemente al lavoro, specie verso le forme di lavoro più pericolose. E per le bambine la situazione è ancora più pesante, perché oltre a lavorare, esse devono occuparsi dei lavori domestici e della cura dei fratellini più piccoli, rinunciando alla scuola. Se è vero che la povertà è il seme del problema, bisogna intervenire per spezzare il circolo vizioso povertà-lavoro minorile-ignoranza-povertà”.

E in Italia?

L’anno scorso, sono stati 127 i casi di minori irregolarmente occupati accertati dall’Ispettorato nazionale del lavoro, 375 in meno rispetto al 2019, con 502 casi. Nel 2018 sono stati 263 e nel 2017 erano 220. Numeri che fanno riflettere. Intanto il governo cerca di porre rimedio con stanziamenti importanti: 19,81 miliardi di euro nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per le politiche sul lavoro, infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore, e interventi speciali per la coesione territoriale. A ciò, si aggiungerà un Piano d’azione nazionale con lo scopo di combattere il lavoro sommerso. Nei prossimi mesi, inoltre, è prevista l’assunzione di 2 mila ispettori del lavoro.