di Lucrezia Cicchese

Mi imbatto in una notizia: “Non è vero che Mariano è l’unico medico non obiettore di coscienza”. Giorni di ricerche, contatti, riflessioni e richieste di spiegazioni. Sembrerebbe, questa affermazione, una colossale bugia. Forse perché per anni il Molise (diciamolo, l’Italia intera) ha vissuto nel mito del dottor Michele Mariano come unico medico non obiettore di coscienza, come colui che era a sostegno delle donne e della piena attuazione della legge 194/78. Così ricerco di nuovo di ripercorrere tutte le tappe.

Michele Mariano ha dichiarato per anni che “il Molise vive una situazione atipica dove un solo medico (il sottoscritto) ha fatto l’interruzione di gravidanza per tanti anni. Una anomalia della 194 è proprio l’obiezione di coscienza e che porterà al fallimento della legge stessa”. Questo perché secondo il ginecologo, “l’obiezione è un paravento di cui si servono molti medici per evitare di fare le interruzioni e quindi evitare di non fare carriera e ne sono stato l’esempio. Ero, nel 2009, il facente funzioni del Reparto di Ginecologia, ovvero primario, e quello era il mio posto. Invece la classe politica del tempo ha scelto di far intervenire la Cattolica. In questo modo non sono stato più compatibile con il reparto. Sono stato messo in un bunker dove non ho più potuto esercitare la professione di ginecologo e mi sono dovuto ridurre a fare solo le interruzioni di gravidanza”.

È questa l’accusa che negli anni ha sempre sollevato Mariano tanto da richiedere per il prossimo futuro la possibilità di essere non obiettore di coscienza ed esercitare la professione di ginecologo all’interno dell’Ospedale Cardarelli. Inoltre, “non ho mai potuto partecipare a un concorso per primario perché la struttura creata ad hoc e che dirigo è unica e separata: una unità operativa dipartimentale equivale a un primariato dal punto di vista legale, ma per gli incarichi interni non posso partecipare perché ci dovrebbe essere un mio sostituto e non c’è mai stato”.

Sull’attuale questione, ormai nota sulla dottoressa Giovanna Gerardi, non usa mezzi termini Mariano: “Ha saputo che vado in pensione e si è fatta avanti per fare gli ultimi anni della carriera come responsabile di struttura. Come mai si è ricordata solo ora? Io sono stato solo, lei non ha mai voluto collaborare. Con la 194 doveva essere stabilizzata nel mio reparto non nel reparto di ginecologia. Mi ha sostituito solo quando sono stato operato (nel 2015). Non potevo andare in ferie, non c’era nessuno. Nella Unità c’è bisogno di due persone, da soli non si può andare avanti”. 

Approfondisco la storia. Ascolto i protagonisti di un tempo ormai lontano ma che torna con forza in questo momento di precaria tutela della salute della donna. Scevra da ogni pregiudizio e diatriba, social o politica, mi accingo ad ascoltare. Chi ricorda Marco De Santis? Colui che nel 2009 arrivò in Molise e fino al 2013 riuscì a risollevare il reparto di Ginecologia presso l’Ospedale Cardarelli? Chi non ricorda le 5048 firme pervenute all’ex presidente Michele Iorio affinché una figura come quella di De Santis potesse restare in Molise?

Difficile dimenticare. Difficile anche per il medico dimenticare gli anni passati in Molise. 

“Dal 2009 al 2013 ho lavorato presso l’Ospedale Cardarelli di Campobasso e sono stati anni difficili, la realtà sanitaria che ho trovato era veramente piena di problemi. Il dott. Mariano era il facente funzioni da un anno quando sono arrivato in Molise, vuol dire che era primario (ricopriva l’incarico di quello ufficiale che era andato in pensione, ndr). La situazione che ho trovato, ed è stato il motivo per cui è stata fatta una convenzione tra ASReM e Università Cattolica (è venuto “in comando”, ndr), era estremamente problematica (Aprile 2009)“. Esordisce così la lunga telefonata con De Santis.

“C’era un tasso di tagli cesarei elevatissimo, molta sfiducia nel reparto. Come medico sono venuto per riorganizzare la situazione e una delle cose che mi aveva molto colpito, sono sincero, era che le pazienti che venivano in ospedale secondo la Legge 194/78 erano ricoverate nello stesso reparto delle future mamme. Cosa estremamente discutibile per motivi di privacy ma anche emotivi. Inoltre, queste donne, erano sottoposte all’atto chirurgico in una delle sale parto. Questo vuol dire che una donna si trovava ad abortire con un bambino che nasceva. E la prima cosa che ho fatto è stata concedere la giusta privacy e devo dire che dopo una anno si è riusciti ad avere una Unità Operativa di cui Michele Mariano è diventato responsabile. Per me è stata una conquista per tutte le donne molisane: veniva rispettato l’anonimato e la propria dignità”.

Dunque non una ghettizzazione, ma tutela della salute fisica e psicologica di chi si sottoponeva a un aborto. Inoltre “la struttura aveva (ed ha, ndr) un proprio personale. Tante persone sono state assunte con la Legge 194. In quegli anni c’era il blocco delle assunzioni e la maggior parte del personale veniva assunto in deroga”.

A distanza di anni, Marco De Santis, conferma di sapere che “le due persone che facevano le interruzioni erano Mariano e Gerardi tanto che quest’ultima lo sostituiva in diverse occasioni. Non capisco perché viene fuori che esiste solo Mariano? Inoltre non vi è mai stata nessuna richiesta del Dottore (ai tempi di De Santis, anni in cui è nata la nota Unità operativa, ndr) di volere la dottoressa nel suo servizio. Non ci sarebbe stato nessun modo per opporsi: lei è una dottoressa non obiettrice quindi assunta con la 194. Il dottor Mariano disponeva di ostetriche e di personale infermieristico perché dedicato e io non potevo dire nulla. Nei giorni previsti il personale andava nella Unità e non era in carico ai servizi di sala parto, di reparto o attività chirurgica ginecologica. Non c’è mai stato nessun atto di servizio o dichiarazione ufficiale di Mariano in questo senso”.

E ancora, “trovare una situazione ai tempi di commistione era da terzo mondo. Non posso pensare a quello che ho trovato. Aver realizzato quello spazio per me è stata una conquista di civiltà e dignità per le donne. Invece chiedo, se pur ormai lontano dalle dinamiche locali molisane, perché il dottor Mariano non ha mai richiesto la Dottoressa se non come tappa buchi?”.

La risposta prima o poi i diretti interessati dovranno darla in modo chiaro, non accusatorio e con l’unico obiettivo di tutelare la salute della donna. Non esistono salvatori o salvatrici della patria. Esiste la verità. Da quando il bipolarismo mediatico è diventato antropologico, i fatti non sono più separabili dalle opinioni e i pregiudizi che condizionano a tal punto i giudizi, a seconda di chi li compie e di chi li guarda, non possono più essere letti come verità assolute. L’invito, così come richiesto a tutti gli attori chiamati in causa negli ultimi mesi, è dare spiegazioni ufficiali.