Ogni persona reagisce in modo diverso se entra in contatto col coronavirus. C’è chi non è mai risultato positivo pur convivendo con un malato di Covid. Chi viene contagiato e sviluppa solo un banale raffreddore. Chi invece si trascina sintomi invalidanti per mesi o finisce in terapia intensiva in bilico tra la vita e la morte. Perché? È la domanda a cui ha cercato di rispondere uno studio pubblicato su Nature.
Il risultato a cui lo studio è arrivato è che la ragione di questa estrema variabilità nella reazione individuale al virus SarsCoV2 è scritta – almeno in parte – in 13 regioni del nostro DNA, che aumentano la suscettibilità all’infezione e il rischio di sviluppare forme gravi di malattia. A dimostrare questa tesi, appunto, è un maxi studio genetico su scala mondiale, il più grande mai realizzato sul Covid-19, basato sui dati di quasi 50mila persone positive al virus e 2 milioni di soggetti sani di controllo.
I risultati, che potranno aprire la strada a nuove terapie, sono frutto della “Covid-19 Host Genomics Initiative”, una rete globale di oltre 3mila ricercatori di 25 Paesi creata nel marzo 2020 dall’italiano Andrea Ganna, ricercatore all’Istituto di medicina molecolare della Finlandia (Fimm) e al Broad Institute di Cambridge, insieme al collega Mark Daly.