Sono passati oltre dieci anni dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale (L.42/2009) che aveva tra gli altri obiettivi la costruzione di un sistema di finanziamento degli enti locali di tipo responsabilizzante, superando la logica della spesa storica con cui veniva tradizionalmente ripartito il fondo di solidarietà comunale, per convergere ad una prospettiva di accountability che favorisse l’efficienza nella produzione dei servizi locali. Questo processo ha coinvolto tutte le funzioni fondamentali dei Comuni, compresa “l’assistenza” (la dicitura con cui i decreti attuativi, in particolare il dlgs 216/2010, hanno etichettato i servizi sociali).

Da diversi anni è stato avviato un percorso attuativo di rilevazione delle informazioni utili alla determinazione del fabbisogno (il questionario Sose) e, parallelamente, una serie di sforzi di affinamento metodologico per individuare il modello tecnico di stima del fabbisogno. Un processo dall’iter particolarmente complesso a livello istituzionale che oggi, nonostante le molteplici revisioni metodologiche, trova ancora molte resistenze. La misurazione del fabbisogno presuppone l’individuazione di una quantità di servizi che tutti i comuni sono tenuti ad assicurare. Il fabbisogno dipende dai livelli di servizio effettivamente erogati oppure deve essere stimato a prescindere dall’effettiva offerta di ogni territorio? È opportuno riconoscere un fabbisogno ai Comuni che non offrono il servizio? La scelta di un Comune di offrire livelli di servizi sociali oltre lo standard, deve essere incoraggiata? Come responsabilizzare i Comuni con servizi carenti? Una cruciale, poi, responsabilità del livello di servizi sociali erogati ricade anche su Stato e Regioni sia per le politiche sanitarie e sociali che per la gestione dei fondi europei.

E su quest’ultimo aspetto si apre un capitolo impietoso sia a livello nazionale che molisano.