di Miriam Iacovantuono

Una nuova vita per le aree interne si sviluppa anche grazie a progetti che hanno l’obiettivo di sostenere i territori più marginali. Un esempio è AttivAree, un programma intersettoriale lanciato da Fondazione Cariplo, che nel periodo 2016-2020 ha lavorato per aumentare l’attrattività delle aree interne nel territorio della Fondazione, promuovendo uno sviluppo locale sostenibile. La Fondazione ha messo in campo non solo 10 milioni di euro, ma anche un team intersettoriale con competenze in campo ambientale sociale, culturale e scientifico.

Elena Jachia, direttrice dell’Area Ambiente e coordinatrice del programma AttivAree, spiega che attraverso una Call for ideas, sono stati selezionati e sostenuti due ampi progetti territoriali: “Oltrepò (bio)diverso” (capofila la Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepò Pavese) e “Valli Resilienti” (capofila la Comunità Montana di Valle Trompia – Brescia). Tante le azioni realizzate e i risultati ottenuti.

“Nel progetto oltrepadano – “Oltrepò (bio)diverso” – si puntava sulla valorizzazione dell’enorme patrimonio di biodiversità di quel territorio, sul turismo lento e sull’agricoltura. Ad esempio, sono state coinvolte 87 imprese nelle sperimentazioni agronomiche, zootecnichee vitivinicole e, in particolare, liniziativa VINO 2.0ha saputo conciliare una produzione vitivinicola di valore con la salvaguardia degli habitat naturali e la stabilità dei versanti.

Il progetto bresciano – “Valli Resilienti” – ha invece puntato maggiormente sulle tecnologie e sullo sviluppo di reti comunitarie. Ad esempio, è stata attivata la banda ultralarga in 7 piccoli comuni ancora non dotati di fibra, azione rivelatasi fondamentale durante il lockdown, e avviato il fascicolo digitale d’impresa, che semplifica la vita di aziende e imprenditori per ottenere pareri e autorizzazioni dalle pubbliche amministrazioni locali. In un anno le pratiche digitalizzate sono passate da 23 a 2.500 e ora sono oltre 8.000. E questo è un servizio più avanzato di molte blasonate grandi città! Il web è anche stato la base di sviluppo di una importante Cooperativa di comunità, Linfa, che ha messo in rete negozi di vicinato e commercializzato prodotti locali e durante il lockdown ha potenziato l’attività di consegna a domicilio di spesa e farmaci in favore dei soggetti più fragili”.

Il programma, dunque, potrebbe essere considerato uno dei fari accesi sui territori marginali e, nel solco tracciato dalla Strategia Nazionale Aree interne lanciata dall’allora Ministro per la Coesione Fabrizio Barca nel 2013, ha contribuito ad aumentare l’attenzione sul tema e a far capire che la ripresa dell’Italia deve coinvolgere la spina dorsale delle aree interne e le sue qualità ambientali, culturali e sociali.

Oltre a tutte le azioni realizzate sui territori, la cui durata ed efficacia è oggetto di un programma di monitoraggio e valutazione, è stata lasciata anche una testimonianza scritta con il volume “AttivAree. Un disegno di rinascita delle aree interne”, edito da Il Mulino e curato dal professor Giorgio Osti, sociologo ambientale dell’Università di Padova e da Elena Jachia. Il libro rappresenta il frutto collettivo di questa esperienza.

“Per noi è stato utile scriverlo, dandoci l’opportunità di fermarci a riflettere sul ruolo giocato dalla Fondazione, su cosa ha funzionato e cosa no, sugli strumenti di valutazione per misurare quanto si è prodotto. In questo senso il libro offre parecchio materiale per gli interessati con un’intera sezione dedicata a monitoraggio e valutazione, dove viene descritto l’impianto valutativo, il percorso di monitoraggio e relativo capacity building e anche un raffronto del sistema adottato con quelli di altri programmi nazionali e internazionali di sviluppo locale. Immaginiamo però che il libro possa servire non solo a noi, ma anche ad altri. Le riflessioni sulla governance o sulla flessibilità necessaria per affrontare un percorso di sviluppo locale, ad esempio, possono rappresentare un importante contributo per altri progetti e, perché no, per la stessa SNAI o per altre politiche di sviluppo locale del nostro paese. Non ultimo, il libro dà voce anche ai protagonisti che hanno realizzato le azioni e che hanno visto le proprie vite modificate dal progetto, e questo avviene raramente”.

Il programma AttivAree, che ha avuto la durata di 4 anni, si è da poco concluso ma l’esperienza di AttivAree ha contribuito a ispirare la Call for ideas “Economia di comunità”, con l’obiettivo di promuovere progetti di rilancio territoriale in chiave green, sostenendo la nascita o il consolidamento di iniziative imprenditoriali sostenibili, resilienti e di comunità e rafforzando le reti territoriali tra amministrazioni, imprese, organizzazioni nonprofit e altri soggetti del territorio.

“Non ci sarà una nuova edizione di AttivAree, ma ne introiettiamo l’esperienza in altri strumenti e poi continueremo a tenerne vivo il modello con articoli, dibattiti e confronti”.

Ma questo programma di rinascita potrebbe essere “cucito” anche su altre aree interne del territorio nazionale come per esempio il Molise. Con AttivAree è stato sperimentato un modello innovativo di sviluppo locale, fortemente basato sull’accompagnamento dei partenariati e sulla formazione a livello locale. Sono stati poi fondamentali la valorizzazione del terzo settore e la collaborazione tra diversi soggetti imprenditoriali e tra imprese e pubblica amministrazione, per creare nuove opportunità di vita e di lavoro.

“Il modello è replicabile perché basato su alleanze da costruire localmente, magari in collaborazione con le fondazioni di origine bancaria presenti nel territorio specifico, e modulabile a seconda delle risorse disponibili. Il ruolo di Fondazione Cariplo è stato in particolare di tessitura di reti e relazioni, di intermediazione per gettare ponti e facilitare il dialogo, in una veste originale e propria e non di supplenza del pubblico. In questo senso, si è confermato come il ruolo di terzietà delle fondazioni possa favorire la collaborazione tra P.A. e terzo settore, ad esempio, nell’erogazione di servizi e anche nella produzione di nuova economia”.

Il programma AttivAree, dunque, ha voluto volgere lo sguardo alle potenzialità delle aree marginali trasformando in risorsa ciò che un tempo è stato motivo di abbandono e in esperienza ciò che è stato tramandato ed è rimasto.