di Miriam Iacovantuono

“Non bisogna avere timore del vuoto. Il vuoto può anche essere una risorsa, a patto che non si trasformi in degrado e abbandono. Il pieno respinge, il vuoto accoglie, soprattutto le idee. Le aree interne vanno difese a partire dall’immaginario, perché se le perdiamo non abbiamo più rifugio. Questa potenzialità delle aree interne è emersa con forza in conseguenza della pandemia che, se da un lato ha messo in crisi il modello urbano, ha anche aperto nuove possibilità a luoghi in cui la geografia si è sempre imposta sulla Storia”.
Vinicio Capossela

Ed è così che la nona edizione di Sponz Fest, che quest’anno si è tenuta in Irpinia dal 25 al 29 agosto, è legata alla stesura di un Manifesto per le Aree Interne quelle che Manlio Rossi Doria in un suo volume definisce le Terre dell’Osso che si contrappongono alle Terre della Polpa.

Maria Scalisi – curatrice del Manifesto per le Aree Interne dello Sponz all’osso – spiega il senso di quello che è un festival che si lega al territorio e per quel territorio vuole cercare una possibilità di riscatto.

“Sin dalla prima edizione dello Sponz Fest, l’idea di Vinicio Capossela – direttore artistico del festival – è sempre stata la stessa: dare una possibilità all’Irpinia provando ad attivare dei processi culturali in un’area che, come tutte le “Terre dell’osso”, è soggetta a marginalizzazione e a processi di spopolamento. Ogni anno viene affrontata una tematica diversa; quest’anno il cuore pulsante del festival sono state le aree interne. Con Sponz all’osso si è cercato di ragionare non solo sull’Irpinia, ma su tutte quelle aree del Paese caratterizzate da importanti svantaggi di natura geografica o demografica. A tal proposito, nel mese di luglio si è svolta la Costola reggiana – così è stata chiamata – per collegare idealmente la Pietra di Bismantova con la Rupe di Cairano. L’anteprima di Bismantova è durata una sola giornata; dal 25 al 29 agosto in Irpinia la tematica è stata affrontata sotto diversi aspetti, avvalendosi anche di collaborazioni con realtà che già hanno lavorato e lavorano sulle aree interne”.

Attraverso questo festival, attraverso la cultura, l’arte e la musica si è voluto dare un messaggio concreto al territorio: è possibile rimanere o tornare perché non tutto è perduto. Oltre alla sezione dedicata alla musica, si è cercato di dare consapevolezza alle comunità, a chi decide di partecipare, agli stakeholder locali, ai liberi cittadini, ma anche ai cittadini temporali del festival attraverso quella che è stata definita “la costruzione di un’intelligenza collettiva”.

“Con le sezioni “Pensamenti” e “Libera università per ripetenti”, diversi ospiti hanno raccontato il lavoro fin ora svolto, a partire dagli interventi di Vito Teti, Domenico Cersosimo e Rosanna Nisticò di Riabitare l’Italia e quindi dai manifesti che già sono stati prodotti. Durante gli incontri abbiamo lavorato ad un processo di consapevolezza al fine di redigere un Manifesto per le Aree Interne coinvolgendo le comunità, l’Università, i Centri di Ricerca e l’Officina Giovani Aree Interne. Ci sembrava importante ragionare in maniera tecnico-scientifica, cercando di mantenere però un tono da festa. Non c’è la pretesa di risolvere il problema con cinque giorni di festival, ma ci interessava concentrare l’attenzione sulla tematica attraverso questo grande attrattore di intelligenze che è lo Sponz Fest”.

A partire dalle proposte di Riabitare L’Italia, dalle riflessioni di Vito Teti, Rosanna Nisticò e Domenico Cersosimo, dalle attività del Master di Secondo Livello “ARÌNT – Architettura e Progetto per le Aree Interne e per i Piccoli Paesi” del Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli, da Officina Giovani Aree Interne, è stata sviluppata un’idea di Manifesto aperto, incrementale e in continua evoluzione, che si configura come un Progetto di Policy Lab delle Terre dell’Osso, composto da azioni da individuare in modo condiviso per attivare un presidio culturale permanente, promosso dai comuni e dagli attori culturali, economici, sociali e istituzionali delle Terre dell’Osso. Il Policy Lab delle Terre dell’Osso intende riconoscere e far conoscere i progetti e le azioni già attivi, il fermento culturale e di innovazione che caratterizza le aree interne, per favorire integrazioni, sinergie e simbiosi, diventando un moltiplicatore di opportunità, di cambiamento e sviluppo, in grado di co-produrre nuovi valori e migliorare la qualità della vita e la capacità attrattiva dei territori. Vuole dunque essere uno spazio aperto, fisico e virtuale, un contesto abilitante per rendere operativo un processo di governance collaborativa, attento ad uno sviluppo umano sostenibile, per contribuire ad accelerare le trasformazioni virtuose in atto, a partire dall’Irpinia e
dalla Campania, in cui la transizione culturale sia fondata sui principi dell’economia circolare e dell’economia civile, per un modello economico a bassa entropia.

Un lavoro che è partito da un approccio di tipo orizzontale e da tematiche individuate attraverso un form: rigenera l’osso, innova l’osso, coltiva l’osso, connetti l’osso. Con la tematica rigenera l’osso si è voluta porre l’attenzione sulla creatività e cultura nella rigenerazione urbana e nell’innovazione territoriale. Con innova l’osso il focus è la creatività e la cultura nell’innovazione sociale e nel welfare, nella formazione e nella partecipazione attiva. Coltiva l’osso si concentra su creatività e cultura in agricoltura e natura, artigianato e processi produttivi, mentre il fulcro di connetti l’osso è la creatività e la cultura nei sistemi di infrastrutture, mobilità sostenibile e connessioni materiali e immateriali.

Il programma del Policy Lab delle Terre dell’Osso intende individuare le azioni prioritarie, come si stanno già realizzando o come si intendono realizzare, con quali risorse umane, economiche, sociali, ambientali, culturali, con quali risultati e con quali processi di collaborazione e cooperazione. La prima azione che il Policy Lab delle Terre dell’Osso intende realizzare è continuare la raccolta di disponibilità, iniziata nei giorni del festival, da parte di attori territoriali che hanno già sviluppato progetti innovativi e che intendono contribuire a costruire un programma di azioni prioritarie condivise.

“Abbiamo visto il desiderio delle persone di farsi ascoltare, di potersi confrontare, di raccontare il lavoro che stanno portando avanti. La restituzione del Manifesto è stata quella dell’attivazione di un Policy Lab delle Terre dell’Osso, che vuole provare a generare dei processi di partecipazione attiva, di consapevolezza ma anche di empowerment di comunità. Attraverso il Policy Lab andremo a individuare quali sono le tematiche più calde e che stanno maggiormente a cuore agli attori territoriali per poi, a inizio 2022, stilare una lista di obiettivi da declinare in azioni prioritarie. Parliamo di azioni che immaginiamo nel breve, medio e lungo periodo. Inizieremo da piccole azioni bottom up – dal basso – intercettando poi le varie misure e le varie possibilità per dare un apporto concreto ascoltando i desideri dei territori e provando a declinarli in azioni possibili”.

Si tratta dunque di un progetto sicuramente replicabile anche in altri territori dove la realtà che vivono le aree interne è molto simile a quella dell’Irpinia. Per farlo, oltre al coinvolgimento delle comunità, è necessario interessare pianificatori e progettisti e avere il supporto anche delle Università, per non rimanere fermi all’idea.

“Fondamentale è sicuramente il confronto con le istituzioni e con le personalità e professionalità che ragionano sui territori e che già hanno provato ad attivare dei processi. L’importanza della rete è questa: mettersi insieme e capire quali sono le risorse di cui si dispone e metterle a sistema, provando a generare possibilità e opportunità per le aree interne”.

Intanto il lavoro di Sponz all’Osso continua e il coinvolgimento potrebbe essere molto più ampio. Infatti, ci sarà una call durante la quale, chi lo desidera, potrà raccontare le proprie esperienze, le proprie storie che serviranno per capire il trend, la modalità e il desiderio di questi territori, perché per combattere lo spopolamento è necessario restituire la voce e la possibilità di farsi ascoltare alle comunità e quindi la partecipazione delle persone.