I componenti della Giunta regionale si erano riuniti per conferire nuovi incarichi dirigenziali, la cui scadenza era fissata il 15 maggio 2020. L’Esecutivo aveva preso le sue decisioni e i nuovi incarichi erano partiti dal 1 giugno con la durata di tre anni, come previsto dalla normativa vigente; l’approssimarsi della scadenza aveva reso indispensabile le modifiche, ad esclusione del servizio “Competitività dei sistemi produttivi, sviluppo delle attività industriali, commerciali e artigianali – Cooperazione territoriale europea – Politiche della concorrenza, internazionalizzazione delle imprese e marketing territoriale” e del servizio “Risorse finanziarie, bilancio e ragioneria generale” che sono rimasti in capo ai dirigenti già operativi (perché vincitori di concorso e con contratto a tempo determinato).

Sulla base di tali premesse, il nuovo assetto del comparto dirigenziale regionale aveva sorpreso per un particolare non secondario: la mancanza di una figura di vertice nella Protezione Civile, settore di indiscutibile rilevanza in questo preciso momento di emergenza sanitaria. Alberta De Lisio era stata rimossa dall’incarico di dirigente e trasferita alla Centrale Unica di Committenza drammatico a causa del covid e senza un sostituto.

E allora cosa era accaduto? La vicenda che lega a filo doppio la stimata professionista e il Governatore ha origini ben note: Alberta De Lisio a inizio legislatura fu deliberatamente e fortemente rivoluta alla guida dell’Avvocatura regionale da Toma (dopo che Frattura l’aveva scansata non perdonandole i ricorsi vinti contro la Biocom) ma nel mese di ottobre 2019 fu trasferita, per volontà dello stesso Presidente Toma, alla Protezione Civile; una scelta molto discussa ai tempi perché, agli occhi dell’opinione pubblica, apparve come un vero e proprio “sgambetto” ad opera dello stesso Toma, “indispettito” dalla decisione dell’allora dirigente dell’Avvocatura che , applicando la legge, aveva espresso parere positivo alla richiesta di accesso agli atti del consigliere Andrea Greco. Il capogruppo del M5S in Regione chiedeva di vederci chiaro in merito alle spese di missione dei membri della maggioranza e la De Lisio la ritenne una richiesta legittima. Il risultato fu una sanzione disciplinare e il trasferimento in Protezione Civile, prontamente impugnati dalla De Lisio innanzi al Giudice del Lavoro. Già, perché perché il trasferimento fu d’ufficio, dunque senza il consenso esplicito dell’interessata, senza le procedure di manifestazione d interesse previste dalle norme, senza notiziarla, per di più considerato che l’avvocato De Lisio è mamma di uno splendido ragazzo con sindrome di down e dunque va tutelata ai sensi della legge 104/92: per questo il servizio prestato in Protezione Civile risulta essere incompatibile con questi requisiti in premessa visto che richiede una reperibilità h24 che mal si concilia con i doveri di accudimento di una mamma “speciale”. E i bene informati dicono che la stessa sarebbe rimasta senza esitazione fino a fine emergenza in Protezione Civile, e non è difficile immaginarlo visto che ha sempre dimostrato profondo rispetto per le Istituzioni e non avrebbe mai consentito di fermare una macchina amministrativa in movimento in un frangente così delicato.

La scelta, ai tempi, dell’Esecutivo (dunque di Toma) di rimuoverla da un incarico (nuovamente) come potrebbe essere letta? Alla luce del ricorso in atto e di una paventata proposta di transazione avanzata dalla Regione per bocca dell’Avvocato dello Stato Cassano nell’ultima udienza, forse il Presidente e la Giunta avrebbero pensato fosse utile la rimozione dalla Protezione Civile pensando di far decadere la motivazione stessa del ricorso?

Ed ecco che ieri l’avvocato Iacovino ha reso noto che “Il TAR Molise, ritenendo sussistere la giurisdizione amministrativa, trattandosi di modifica di atto macro-organizzativo, riconosciuto l’interesse della ricorrente, ha accolto il ricorso di quest’ultima annullando il regolamento regionale nella parte in cui stabilisce che la direzione del Servizio Legale è affidato dalla Giunta regionale ad uno tra i dipendenti in possesso della qualifica dirigenziale, piuttosto che a dirigenti con il titolo di avvocati e iscritti all’albo speciale. L’annullamento è stato disposto, con una sentenza innovativa che prende una posizione netta nel merito della vicenda condividendo a pieno le ragioni della ricorrente, per l’evidente contrasto del regolamento con la legge ordinamentale. Ne è seguita altresì la condanna alle spese legali. Adesso la controversia si sposta davanti al Tribunale del lavoro, nonché davanti alla Corte dei conti e alla Procura della Repubblica perché si accerti ogni eventuale illecito e danno erariale. Non si esclude l’intervento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati”