di Miriam Iacovantuono

In un Molise dove molti giovani decidono di andare via e pochi scelgono di rimanere o tornare, c’è chi ha
deciso di impegnarsi per questa terra e di ragionare su quali possano essere le prospettive per ritornare e
cosa fare. Si tratta di giovani ricercatori dell’Alta Valle del Volturno che si sono costituiti in un collettivo,
il CISAV – Centro Indipendente Studi Alta Valle del Volturno – diventato poi associazione, con il fine di
sostenere la valorizzazione sociale del territorio, attraverso la divulgazione di conoscenze polifoniche e
multidisciplinari. Emidio Ranieri Tomeo spiega che il collettivo si è costituito a marzo 2021 e subito a lavoro ha prodotto, dopo una serie di approfondimenti e conversazioni sulla territorialità e sui patrimoni, il primo volume della rivista “Saperi Territorializzati”, che ha cadenza semestrale. Un primo volume, così come è
specificato anche nel sottotitolo, che raccoglie studi brevi sull’Alta Valle del Volturno.

“Abbiamo voluto focalizzarci sulla nostra territorialità, perché crediamo che bisogna ripartire dal locale per sviluppare delle politiche più incisive”.

Un lavoro, dunque, ben ancorato al territorio con l’obiettivo di creare una rete che possa abbracciare diverse realtà, associazioni, singoli attori insieme ai quali potersi interrogare su diverse tematiche a partire da quella
delle aree interne, fino a quella dello sviluppo del territorio, passando per il turismo e il patrimonio.

“Molto spesso diversi aspetti culturali e naturali del proprio territorio non si conoscono. C’è una certa indifferenza nei confronti del patrimonio e così abbiamo deciso di raccogliere un po’ di conoscenze di tutto ciò che era già stato prodotto e di produrne di nuove. Abbiamo invitato nel primo numero della rivista, anche i neolaureati a partecipare con tesi triennali che raccontano aspetti del proprio territorio”.

L’obiettivo, dunque, è quello di cercare di abbattere il muro dell’indifferenza attraverso la condivisione della conoscenza, con un’impostazione diversa da quella del classico convegno, cercando di instaurare una interazione attiva con il pubblico con lo scopo di creare una visione comunitaria dei patrimoni.

L’associazione, come spiega Mirco Di Sandro, ha aderito alla rete DiCultHer Faro Molise facendo propri
gli assunti della Convenzione di Faro che definisce il patrimonio, non come un elemento statico, ma come
ciò che viene vissuto e abitato dalle persone che interagiscono quotidianamente con quegli elementi del
patrimonio.

“L’assegnazione di senso e significato ai luoghi fa il patrimonio, quindi se volessimo vederla da un altro punto di vista potremmo dire che il mutamento storico elegge particolari patrimoni in alcuni elementi e ne scarta altri, l’abbandono di molti nostri spazi per esempio. Ma il riferimento è anche al patrimonio immateriale che nei nostri luoghi va perso come succede con le tradizioni, i riti, i detti. Una delle iniziative che abbiamo proposto nei nostri territori è quella di riappropriarci dei nostri patrimoni e degli elementi del nostro spazio. Il patrimonio si dà sulla base della sua storicizzazione e non significa che il patrimonio è solo ciò che la storia ci ha lasciato. Il patrimonio è anche il presente e perderlo oggi significherebbe non trovarselo domani”.

Ester Incollingo racconta che per la rivista e per raccogliere i saperi e le conoscenze è stata fatta una sorta
di chiamata alle armi, una call for papers rivolta non solo al mondo accademico, ma a tutti coloro che si
interessano a determinate tematiche.

“Il taglio che abbiamo dato alla rivista è scientifico che, però, è rivolto a una utenza vasta, alla totalità, perché si vuole diffondere la conoscenza, la scoperta e la riscoperta dei saperi per permettere una sensibilizzazione culturale che molto spesso manca nei nostri paesi, per muovere verso nuovi orizzonti le coscienze e far sì che ci sia una memoria storica e che qualcuno sappia, poi, tramandarla”.

Un lavoro, quello promosso dal CISAV, che ha portato alla discussione non solo sul tema del patrimonio,
ma anche sulla marginalizzazione e di quanto i concetti di margine e isolamento siano concetti relativi e
non assoluti, perché molto spesso una situazione marginale, l’isolamento geografico di alcuni territori o di
alcune comunità, hanno comunque permesso la memoria storica e anche di tramandare delle informazioni
storiche, delle tradizioni, dei riti o anche delle lingue, dei dialetti. E come spiega Giammarco Rossi sono anche i patrimoni immateriali che hanno tanta materia al loro interno come gli stessi dialetti e le lingue.

“Il dialetto, che nel tempo potrebbe diventare solo un vezzo, una lingua d’arte, è un filo rosso che collega tutti i paesi della Valle e non solo, è un po’ come il Volturno. Il nostro dialetto è un po’ come un fiume immateriale che collega questi posti”.

Un linguaggio comune, quello usato, dove non si vuole lasciare indietro nessuno e che non vuole essere elitaria.

“Abbiamo creato una rivista per dare la possibilità, a chiunque voglia mettersi in gioco, di riempire un contenitore e in questo modo portiamo avanti il discorso di non lasciare indietro nessuno, includendo all’interno della rivista chiunque abbia qualcosa da dire e attraverso un linguaggio che non è accademico o formale. Mettiamo la cultura, che crediamo sia il motore principale della società, di nuovo al centro e al servizio della società, perché per molto tempo e anche tuttora la cultura viene vista dall’individuo medio come qualcosa di distante, perché la cultura spesso si è allontanata dalle masse e invece la cultura dovrebbe andare incontro alle masse, così come sostenevano già Gramsci e Pasolini”.

Quello che il CISAV cerca di promuovere è la riappropriazione del territorio e fare in modo che siano le
comunità locali stesse che, conoscendo e prendendo consapevolezza e coscienza dei luoghi, possano
aggiungere processi di mutamento e creare un nuovo senso e significato ai territori. Si avviano così dal
basso, che non è un processo spontaneo, una serie di processualità che alla fine vanno a comporre il
territorio. Ripartire quindi anche dalla connessione, dai legami sociali e funzionali al rilancio del territorio
stesso.

Senza inventare nulla l’associazione prova a riconnettere le cose, a stringere relazioni per delle
progettualità con altre realtà costruite – associazioni, enti, istituzioni – e anche con quelle tante soggettività
che vivono ancora di più il senso di isolamento. Si vuole quindi dare voce a tutti, agli ultimi, anche per superare il meccanico della delega a cui si vuole contrapporre e promuovere il meccanismo di una cittadinanza attiva e di un coinvolgimento anche di coloro che non hanno voce.

Il CISAV, che è un laboratorio aperto, non vuole rimanere ancorato solo al territorio dell’Alta Valle del
Volturno, ma da lì costruire una rete ambiziosa e che possa abbracciare l’intero Molise, superando così l’annosa questione della marginalizzazione. Immaginare in ogni area un presidio in grado di orientare
le politiche e agire con le stesse per farsi interpreti dell’amministrazione del territorio. E un confronto più ampio parte proprio dal secondo volume della rivista il cui sottotitolo fa riferimento proprio agli studi critici sul margine e sui patrimoni per identificare nuovi elementi di aggregazione e pianificazione delle progettualità.