“La misura che abolirà quota 100 passando per quota 102 e 104, è gestita da un “baby pensionato” che ha ottenuto l’assegno previdenziale con quota 99. Mario Draghi, infatti, come aveva documentato Il Fatto già qualche anno fa, è andato in pensione nel 2006, quindi a 59 anni, dopo una carriera fatta di dottorato di ricerca negli Stati Uniti, ricercatore a Trento, direttore esecutivo nella Banca mondiale e poi l’ingresso nell’amministrazione pubblica. Assumendo che abbia riscattato la laurea, ottenuta nel 1970, si tratta di circa 40 anni di lavoro che sommati ai 59 di età lo portano a quota 99”. Così afferma la parlamentare molisana.

“Parlare di pensioni, però, non significa parlare di pensionati, ma di coloro che in pensione ci devono ancora andare, cioè di lavoratori. Vecchi e giovani. Come ha ben sottolineato Fausto Bertinotti in un’intervista si tratta sempre di “salario differito”, quota della retribuzione accantonata per la vecchiaia. Così come è molto parziale desumere che dalle tante riforme degli ultimi trent’anni, fatte sempre solo per innalzare l’età pensionabile e ridurre l’assegno previdenziale, i giovani abbiano guadagnato qualcosa come spiega nell’articolo a fianco il professor Felice Pizzuti. Ma il gioco della contrapposizione generazionale è troppo ghiotto per non farne un ritornello subito ripreso dalla grande stampa. E di cui, ad esempio, deve tener conto anche Beppe Grillo quando calibra le proposte rilanciate ieri sera proprio sulla questione giovanile, sia pure in un senso alternativo a quello del governo. Le idee del fondatore del M5S riguardano il “riscatto gratuito della laurea”, la “pensione di garanzia” per chi, con il sistema contributivo, non avrà una pensione decente e soprattutto una pensione possibile a 63 anni, sia pure solo contributiva, e il resto percepito a 67 anni (come già proposto dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico). Ma mister “quota 99” al momento sembra voler tirare dritto”.