Pnrr ma non solo. Sono tante le risorse in gioco tra Roma e Bruxelles. In attesa che si creino le condizioni per la richiesta della prima vera rata del piano di ripresa e resilienza dopo l’anticipo da quasi 25 miliardi ricevuto ad agosto, il nostro Paese deve fare i conti anche con le difficoltà e i ritardi che incontra nello spendere le risorse (quasi 33 miliardi di euro) messe a disposizione nell’ormai lontano 2014 attraverso i fondi strutturali, in particolare il Fondo sociale europeo (Fse) e il Fondo di sviluppo regionale (Fesr).
Secondo gli ultimi dati elaborati della Commissione e risalenti al 30 ottobre scorso, l’Italia è riuscita finora a spendere poco meno della metà delle risorse a lei destinate, per l’esattezza il 48,2%. Una quota che la colloca agli ultimi posti nella classifica dei Paesi Ue. E questo mentre deve ancora essere presentata formalmente a Bruxelles la proposta per raggiungere l’accordo di partenariato necessario per dare il via alla programmazione 2021-2027. Una programmazione che dovrebbe, almeno in una certa misura, integrarsi con le azioni del Pnrr e che, tra Fse, Fesr e React-Eu vale circa 50 miliardi di euro (senza contare il cofinanziamento nazionale).
La fotografia dell’andamento della spesa scattata dalla Commissione – che fissa il tasso medio Ue al 57,6% – vede il nostro Paese al quart’ultimo posto della classifica europea. Peggio di noi hanno fatto finora solo la Romania, che si è fermata al 46,5%, la Slovacchia (43,3%) e la Spagna, che si è attestata al 40,5%.
I dati di Bruxelles fotografano anche la situazione a livello delle singole regioni e dei programmi specifici a cui sono stati assegnati i soldi del Fse e del Fesr. Qui ad aver speso di più risulta essere il Piemonte, che ha utilizzato il 96,1% delle risorse del Fse, seguito dalla Valle d’Aosta con il 95% della sua quota di Fesr, dal Lazio (87,1% del Fse), dalla Puglia (81,2% Fse-Fesr), dall’Emilia-Romagna (80% Fse) . Fanalini di coda invece il programma nazionale per la governance, fermo al 18%, e quello per le politiche attive per l’impiego (13,4%). Gli esperti di Bruxelles avvertono che, nella lettura dei dati, occorre tenere conto che a mantenere bassa la performance dell’Italia è stata anche l’aggiunta di 11 miliardi arrivati al nostro Paese dal capito React-Eu del Next Generation Eu e in gran parte destinati al programma per le città metropolitane.
Il ‘problema italiano’, è e resta sempre lo stesso: le difficoltà che la pubblica amministrazione, a tutti i livelli, incontra nella programmazione e nella gestione dei fondi europei.