di Miriam Iacovantuono

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

E chissà se quando Cesare Pavese scriveva questa frase ne “La luna e i falò” abbia pensato che queste sue parole avrebbero descritto, senza sfumature, quella che è la situazione dei piccoli paesi delle aree interne. Generazioni di giovani che partono, conservando nel proprio cuore il profondo desiderio di tornare e mettersi in moto per fare qualcosa per la propria terra, la stessa che non avrebbe voluto costringerli ad andare via, ma che lotta e resiste affinché un giorno possano tornare definitivamente.

Ispirati dalle parole di Pavese, a Villa Agricola, in provincia di Caserta, nel 2018 un gruppo di giovani della locale Proloco ha iniziato a pensare a una serie di attività culturali da poter fare lì, in quell’angolo di Campania, abitato da 730 residenti e raggiungibile da un’unica strada. È nato così un Festival con l’obiettivo di prendersi cura di questo territorio. Un progetto che viene definito una carezza alle rughe della terra, un gesto che, attraversando la modernità, consegna l’esperienza del territorio. Attività che hanno così portato a ri-scoprire il senso dei luoghi e ridare senso a questi luoghi ancora sacri. Un’idea che ha portato alla realizzazione di tre giorni di eventi e che poi è stata sposata, nel 2019, dall’amministrazione comunale.

Beniamino Rega, vicesindaco di Valle Agricola e coordinatore delle attività di concerto con la struttura tecnica, spiega che proprio perché l’iniziativa era lodevole, si pensò di presentare questo progetto per un finanziamento che la Regione Campania aveva messo a disposizione dei comuni che però dovevano consorziarsi. Valle Agricola, così unendosi a cinque comuni della provincia di Benevento, ha dato inizio a una serie di attività.

Nello stesso periodo, luglio 2019, il piccolo paese campano, come “portavoce” dei 17 comuni del Sistema territoriale di sviluppo A 10 – MATESE presentò istanza in Regione Campania per essere riconosciuti come area SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne). Obiettivo raggiunto nel dicembre 2021 quando, a seguito della ri-formalizzazione della candidatura avanzata di concerto con il Comune di Piedimonte Matese, la Regione Campania con DGR n. 602 del 28.12.2021 ha aggiunto a quelle già individuate l’area “Alto Matese”.

L’obiettivo del progetto “Un paese ci vuole” è, quindi, senza dubbio quello della valorizzazione di un territorio afflitto dallo spopolamento e dalla carenza dei servizi, partendo dall’aspetto culturale, ma anche mettendo insieme temi fondamentali come arte, storia, religione, emergenze architettoniche e naturali e società, in una visione generale e condivisa, in cui la cultura del territorio possa avere un ruolo importante per il coordinamento di un sistema capace di migliorare e rafforzare le capacità di innovazione, creare opportunità per lo sviluppo dell’economia locale, qualificare la domanda turistica e valorizzare il paesaggio culturale.

“La cultura diventa fondamentale per noi, il tentativo è quello di utilizzare la cultura come mezzo di rottura rispetto al non far niente”.

Ed è così che il progetto si proietta verso il sostegno e la valorizzazione delle potenzialità esistenti, nonostante ci sia la consapevolezza di quelle che possono essere le principali criticità, ma anche i punti di forza. Elementi che portano ad analizzare un altro aspetto e cioè la necessità di creare un sistema che possa servire prima alle popolazioni che risiedono e poi al turista.

“Il turista va dove trova delle popolazioni contente di vivere dove stanno. Quindi se si migliorano i servizi per i locali, si migliorano sicuramente anche per i turisti”.

In questa cornice, in cui la cultura del territorio ha un ruolo importante per migliorare e rafforzare le capacità di innovazione, oltreché di creare opportunità per lo sviluppo dell’economia locale, si vanno a inserire altri progetti. All’interno del Bando Borghi del Ministero della Cultura si vuole inserire il progetto per un Eco museo del territorio, cioè dei percorsi e una narrazione degli stessi.

“Un lavoro che stiamo facendo con il Dipartimento di Urbanistica della Facoltà di Architettura dell’Università Vanvitelli di Aversa. Stiamo così lavorando per insegnare anche ai locali che c’è un altro modo di poter intendere il territorio e poterlo utilizzare anche a fini turistici, ma non esclusivamente”.

Quello che poi si vuole creare sono delle attività economiche legate alla filiera agro-silvo-pastorale. Da “Un paese ci vuole”, infatti, è nata l’idea che è stata sviluppata con la facoltà di Veterinaria dell’Università Federico II di Napoli legata alla filiera agroalimentare, un Eco-geo-agro Museo con l’obiettivo di proporre il territorio.

“Ci teniamo a mettere insieme sia l’agro che il silvo che il pastorale perché intorno a questa cultura e quindi alla transumanza corta, alla gestione del bosco, ci stiamo attrezzando con degli spazi di coworking per mettere insieme la parte scientifica e dare dei supporti a giovani che intendono intraprendere proprio la filiera agro-silvo-pastorale”.

L’obiettivo è anche quello di creare delle opportunità lavorative, cercando di favorire l’aspetto cooperativo, sollecitando i giovani rimasti a Valle Agricola di creare delle cooperative di comunità. A questo poi si aggiunge l’adozione del regolamento per le Denominazioni Comunali – DECO -; sono, infatti, cinque i prodotti locali identificati a cui una commissione assegnerà la denominazione. È evidente, anche in questo caso, che le piccole comunità si rafforzano nelle difficoltà. Il partire e il restare si contrappongono nella maggior parte dei territori delle aree interne e come lo è stato per Valle Agricola, il romanzo di Cesare Pavese, “La luna e i falò”, può continuare a muovere i fili della partenza, ma soprattutto della restanza.