di Miriam Iacovantuono

In un piccolo paese il bar, fin dai tempi passati, è sempre stato un punto di ritrovo, ma anche un punto di riferimento. Ci si sentiva un po’ in famiglia. Si condividevano, nel passato molto più di adesso, momenti di vita quotidiana, si discuteva su cose serie e importanti e allo stesso tempo ci si trovava tutti insieme a condividere anche circostanze goliardiche. In molti paesi poi, molto spesso, il bar era conosciuto da tutti come “la cantina”, così come quello che c’era a Carovilli aperto nel 1959 e che ora è il regno di Veronica Testa artigiana molisana e che nel bar dei suoi nonni, chiuso nei primi anni ’70, ha aperto, nel 2017 la sua bottega di ceramica, “La Cantina 1959 Artigianeria Molisana”.

Una passione, quella dell’artigianato e in particolare della ceramica che Veronica ha sempre avuto e che nel tempo è diventata per lei un lavoro che le ha permesso di rimanere in Molise, nel suo paese Carovilli.

“Ho iniziato a lavorare la ceramica da quando avevo 18 anni, dopo il diploma. Ho fatto corsi in giro per l’Italia, a Roma, in provincia di Bari, poi sono stata in Sicilia, in Puglia, in Liguria per vistare le botteghe e nelle città della ceramica, per capire cosa era la materia e le sue origini. Ho fatto quindi esperienza anche in altri modi per intendere la materia ceramica. Non ho mai, però, pensato di stabilirmi fuori dal Molise. Prima facevo i mercatini per tutta la regione e qualche lavoretto su commissione. All’inizio è stato più uno studio per perfezionarmi e poi nel 2017 ho deciso di aprire la mia attività”.

Il lavoro di Veronica è visceralmente legato al Molise e all’identità di questa terra e del suo paese, al dialetto, quello con cui i suoi nonni le raccontavano gli episodi che succedevano nel loro bar con frasi e detti, modi di dire che sono diventati l’anima delle sue creazioni.

“Gli oggetti che principalmente faccio sono bicchieri, brocche e vogliono richiamare proprio quel luogo dove si beveva e si giocava a carte, come momento di socialità, uno stile di vita genuino e semplice. Oggetti con frasi in dialetto per richiamare quello stile di vita e con cui voglio mantenere un filo conduttore tra quello che faccio e quello che era prima sia il posto che il modo di essere del molisano. Nel mio quotidiano le idee fanno a gara per uscire allo scoperto e trasformarsi in un segno tangibile del misterioso processo creativo, passando attraverso materiali naturali come terra, legno, corda, ferro, e non solo”.

Con il suo lavoro e con la sua arte, Veronica ha voluto mantenere quello che è stato il passato molisano legato alla convivialità, al voler stare insieme, all’accoglienza. E dagli episodi che racconta ci è riuscita.

“La mia bottega è diventata anche un posto di ritrovo, chi viene a trovarmi compra gli oggetti, ma porta un dolce, una birra, io offro il caffè. È diventata una tradizione”.

Dunque, una bottega alternativa che Veronica ha voluto creare con un intento preciso, quello di non staccarsi troppo da quella che era prima la cantina dei suoi nonni.

“Ho voluto mantenere quell’indole e quelle peculiarità dell’essere molisano, genuino, semplice, legato a certi valori, a certi modi di fare che poi erano tipici di questa terra, come anche la condivisione della vita stessa. Anche il dialetto stesso rimarca un modo di essere che secondo me va comunque mantenuto”.

Veronica, attraverso il suo lavoro, vuole così mantenere il legame con il Molise, con il suo paese da dove le persone, i giovani, troppo spesso vanno via proprio a causa della mancanza di lavoro e di possibilità concrete. Lei istintivamente, senza ragionarci troppo, ha deciso di creare in Molise, in un paese delle aree interne, il suo lavoro e scrivere il suo futuro.

“Ho capito che qua potevo esprimermi anche per dimostrare che se si vuole e ci si mette di impegno le difficoltà non si vedono più. È come se avessi messo i paraocchi rispetto alle difficoltà che avrei trovato e le ho guardate da un altro punto di vista. Forse sono stata incosciente, ma ho dato importanza a quello che sentivo dentro e non a quello che c’era all’esterno, che in questo caso erano le difficoltà. Ho sentito forte l’attaccamento alla mia terra. A volte penso che chi rimane ha anche un senso di rispetto per questa terra e non perché chi va via la tradisce, ma secondo me ci vuole un atto di coraggio che forse predispone anche a un certo sacrificio”.

Un sacrificio che poi però potrebbe portare a fare tanto e se si riuscisse a partire da quello che ognuno ha dentro, si potrebbe guardare questa regione e le possibilità che offre in maniere diversa.

“Dobbiamo fare quello che sentiamo e viene poi tutto naturale, anche qui in Molise. Le difficoltà lo sappiamo ci sono, ma bisogna cercare di guardarle il meno possibile anche se è difficile. Ci sono molti settori penalizzati e anche il mio è uno di quelli – io non faccio beni di prima necessità – ma ci potrebbe essere anche un cambio di rotta. Oggi infatti c’è un ritorno al passato, alle tradizioni, un ritorno alla campagna, alla montagna. E poi con i mezzi che abbiamo adesso è tutto più facile, si sono accorciate le distanze e quindi se ognuno di noi definisse la propria prerogativa, la propria attitudine, il proprio talento e magari lo mettesse a fuoco, riuscirebbe a costruire qualcosa di concreto con le nuove tecnologie anche in un piccolo paese delle aree interne”.

Anche in questo caso incoraggiare chi come Veronica ha deciso di rimanere in un piccolo paese e ancora di più ha avuto il coraggio di aprire un’attività, significa fare qualcosa di buono anche per il territorio. E alla base ancora una volta deve esserci la rete, la collaborazione che coinvolga non solo i singoli cittadini, ma anche le istituzioni.
Veronica può essere da esempio per tanti giovani talentuosi che sono frenati dalla paura, ma che come lei potrebbero dar vita a nuove e piccole idee che poi potrebbero diventare grandi e che potrebbero essere una unicità per il territorio, avviare così anche un indotto turistico legato all’artigianato o alle tradizioni e che potrebbe far scoprire delle unicità.