Da quando, tra il 2003 e il 2006, Unicredit e Deutsche Bank consegnarono alla Regione Molise ‘pacchi’ di emissioni obbligazionarie e operazioni collegate in derivati finanziari, le casse pubbliche regionali hanno in sostanza dilapidato quasi 100 milioni di euro di interessi. Sono soldi versati forzatamente alle stesse banche, in virtù di questi discutibili contratti derivati. Da tempo, infatti, è stato constatato in questi contratti un particolare squilibrio a favore degli istituti di credito e un ridotto effetto in termini di contenimento del rischio, come segnalato dagli ispettori del ministero dell’Economia già nel 2013.

La Regione potrebbe recuperare decine di milioni persi o quantomeno interrompere nel prossimo decennio il cospicuo flusso di denaro verso le banche controparti dei contratti in questione: qualcosa che nessuna gestione politica regionale ha mai neanche tentato, nonostante vari enti territoriali e locali per lo stesso tipo di operazioni abbiano spesso intrapreso le vie giudiziarie contro gli istituti bancari accusando squilibri finanziari o presunte irregolarità contrattuali. Per di più anche le norme statali hanno agevolato e incentivato le istituzioni locali a ristrutturare o estinguere questo genere di onerosi derivati ma la Regione è sempre rimasta inerte.

In effetti in Molise, da due anni, la Corte dei Conti chiede alla Regione di intervenire su questi contratti, sulla base di una importante pronuncia della Cassazione del 2020. Così negli ultimi due giudizi di Parifica al Rendiconto consuntivo, i magistrati contabili hanno avanzato sospetti sulla legittimità degli accordi stipulati dalla Regione, invitando l’ente a valutare la validità delle Delibere di Giunta che di fatto autorizzarono la stipula dei ‘contratti swap’ sui tassi di interesse, che ogni anno generano differenziali monetari fortemente negativi e sono fonte di gran parte del l’indebitamento complessivo.

Ma perché si mette in dubbio la validità di questi contratti dopo quasi 20 anni?

Grazie ad un accesso agli atti e ad un approfondimento puntuale abbiamo scoperto molte incongruenze. Ad esempio le norme regionali approvate allora in Consiglio regionale per le tre emissioni obbligazionarie non facevano alcun riferimento a potenziali derivati che avrebbero inciso sull’indebitamento. Quindi le delibere di Giunta alla base dei contratti non sono state autorizzate dal Consiglio, il che rischia di renderli nulli. Le sezioni riunite della Cassazione, infatti, hanno stabilito che dev’essere proprio l’organo consiliare a valutare la convenienza delle operazioni che vincolano l’utilizzo di risorse future.

Ad ogni modo, scegliendo questi derivati la Regione ha regalato alle banche controparti quasi 100 milioni di euro in 17 anni, e sarà così fino a scadenza se il governo regionale non si attiva. In merito a queste operazioni, la Corte dei Conti parla di “dubbi” sulla “motivazione della convenienza dell’operazione, sulla lingua straniera adottata e sull’adeguata selezione del contraente” ma parla soprattutto della spada di Damocle rappresentata dall’invalidità di simili pattuizioni. Se fossero confermati i vizi di legittimità rilevati dalla Corte, i contratti sarebbero nulli. E ciò aprirebbe la strada ad obblighi restitutori a carico delle parti dell’accordo finanziario ma anche più facilmente ad accordi transattivi tra le parti per estinguere i contratti.

Ora è quindi fondamentale valutare la validità delle delibere autorizzative e definire un’opera di riqualificazione finanziaria con cui eliminare i pesanti oneri aggiuntivi per le casse regionali. Durante la discussione sul Bilancio porterò un impegno al presidente Toma ad adottare provvedimenti volti a valutare l’applicazione dei principi della Sentenza di Cassazione in merito alle operazioni contratte dalla Regione allo scopo di promuovere eventualmente un’azione di nullità o di risoluzione consensuale per evitare pesanti oneri aggiuntivi sul bilancio regionale.