di Epoca Sibilla

Utopia. La parità di genere è ancora lontana. Se si è madri, poi, la situazione peggiora. E badate, non si tratta di vittimismo, né di voler sottolineare a tutti i costi gli aspetti negativi. È semplice constatazione della realtà. E quella che viene definita democrazia sa che deve tenere in considerazione i diritti di donne e uomini in modo indistinto. La fiducia vacilla.

Ne è stata discussione social, ieri, quando Anna Triste ha condiviso un messaggio:

“Ciao Anna, sono rimasto molto dispiaciuto della tua assenza nonostante avessi insistito, per me significava molto. Però capisco le tue difficoltà di disponibilità essendo madre. Immagino che il tuo tempo non è compatibile con le mie esigenze professionali. Ti ringrazio dei consigli e ti auguro il meglio. Un caro saluto”.

I numeri non lasciano dubbi. Meno di metà delle donne in Italia lavora secondo i dati Istat della media annua 2021 (49,4%). In Europa la percentuale è 63,4%. Stiamo 14 punti sotto l’Europa. E il problema, come penserebbe qualcuno, non è il Sud. Nessuna regione italiana raggiunge la media europea, tranne Bolzano con il 63,7%, poco al di sopra. E ci ha superato Malta, la Spagna, nel terzo trimestre del 2021 anche la Grecia.

Il problema viene da lontano e non è mai stato affrontato seriamente tanto da diventare strutturale del Paese. Se mai capiremo che siamo perennemente in emergenza, forse risolveremo il problema. Non possiamo più credere che gli stanziamenti per l’imprenditoria femminile possano essere la soluzione. E le quote rosa? Neanche a nominarle. Oppure, possiamo continuare a credere che 10 giorni di congedo di paternità possano essere sufficienti ad affrontare il problema della condivisione delle responsabilità genitoriali?

La maternità, insomma, viene utilizzata come scusa e spesso per non muovere di un millimetro la situazione. Sulla parità di genere serve un piano di azioni di sistema che non c’è. È ora che diventi una vera priorità. Non a parole. Non in campagna elettorale.