In una cucina di un piccolo paese delle aree interne, la televisione trasmette le immagini del telegiornale. Si parla di cronaca nazionale e internazionale. La giornalista cambia pagina e parla di politica. Quella dei grandi palazzi, quella delle poltrone, quella che, per chi ascolta in quella cucina, è troppo lontana.

“Non capiranno mai come si vive in questi paesi dove non c’è più nessuno. Che ne sanno loro di queste strade tutte rotte. Del medico che devi andare a cercare se ti senti male di notte”.

È questo – 99 volte su cento – il pensiero che accomuna gli abitanti delle aree interne del Paese e soprattutto del Mezzogiorno.

Ma uno di quelli lo sa cosa significa vivere in un borgo dell’entroterra. Giuseppe Provenzano, classe ’82 e Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, è cresciuto in un piccolo paese della Sicilia.

Ha vissuto la stessa esperienza di tanti giovani che dopo le scuole superiori hanno deciso di andare via. Di intraprendere un viaggio che fisicamente li ha portati lontano da quel luogo, ma con la mente e con il cuore sono sempre stati là.

Provenzano come me, come quelli della mia generazione e di quelle successive conosce il sud, ma soprattutto conosce quelle che sono le aree interne. Sa cosa significa vedere un paese spopolarsi.

Conosce le fragilità da cui partire per ridare rilancio a quei territori della Sicilia, come del Molise, del Mezzogiorno e dell’intera Penisola.

Toccare con mano, vivere e aver vissuto sulla propria pelle per poter agire. Perché in nessun altro posto come nel suo borgo natìo il titolare del dicastero per il Sud può avere una visione unica dei limiti e delle potenzialità di quei luoghi.

Partire così da quella che Provenzano definisce “emergenza nazionale” per restituire il giusto equilibrio a quel territorio. Sfruttare le potenzialità delle aree interne della Sicilia, fino a quelle del Molise. Dai borghi della Basilicata, fino a quelli della Calabria.

Interventi mirati per ogni singola area. Lo sappiamo noi che conosciamo quella realtà fragile e lo sa un Ministro che ha toccato con mano quella fragilità.

In un’intervista pubblicata su ‘Il Venerdì di Repubblica’ a cura di Emanuele Lauria, Provenzano è categorico. “Serve un intervento straordinario: abbiamo stabilito con una legge che 100 miliardi in 10 anni vadano al Meridione. I soldi non sono il problema, il problema è come si spendono. Servirebbe lo spirito della Cassa per il Mezzogiorno dei primi anni Cinquanta: capacità realizzativa e stanziamenti stabili ma sganciati dal controllo politico”.

E io lo ricordo quando mia nonna o le anziane del paese lo dicevano. “Quella strada è stata fatta con i soldi della Cassa per il Mezzogiorno”. Ecco i soldi venivano spesi e le strade o altri interventi si realizzavano.

E oggi? I fondi arrivano, ma manca la programmazione. Non vengono spesi e tornano indietro. Se si inizia un intervento i cantieri diventano eterni.

Deve esserci un cambio di rotta e forse – anzi sicuramente – un cambio generazionale ai vertici. Deve cambiare la visione nella gestione della cosa pubblica. Ma basterebbe anche che gli amministratori, da quelli regionali in su, toccassero con mano. Così come ha fatto e continua a fare il Ministro Provenzano.

Basterebbe che prendessero sulle loro spalle il bagaglio di esperienze di chi è nato e cresciuto in questi posti. Rendersi conto di cosa significa attraversare ogni giorno strade fatiscenti per andare al lavoro o a scuola.

Capire il sacrificio di un bambino di tre anni che non ha l’asilo sotto casa e con lo scuolabus deve arrivare al paese vicino. O il sacrifico di un anziano che non può decidere quale giorno andare alla posta per prendere la pensione, perché gli uffici aprono a giorni alterni.

Si tratta di un’esperienza che porterebbe a un’apertura mentale. E far pensare “ecco ci sono anche loro. Ci sono anche questi posti”.

Perché le cose si affrontano e i problemi si risolvono se si conoscono. Allora alle parole isolamento e abbandono sarebbe bello, ma anche necessario, sostituire il termine condivisione. La condivisione dei problemi e delle soluzioni.