I migranti non sono ben accetti in Molise, ormai questo è acclarato. Le ragioni alla base di tale affermazione affondano le proprie radici in considerazioni e giustificazioni di natura politica, sociale e, soprattutto, culturale; ragionare nel rispetto delle idee altrui è un principio al quale scegliamo coscienziosamente di attenerci ma, con altrettanta lucidità, decidiamo di affrontare anche l’analisi degli ultimi accadimenti sul tema, in particolare per ciò che attiene i rinnovati presupposti a sostegno della scelta di dover respingere i richiedenti asilo.

Tali presupposti sottendono ad un’unica parola: contagio. Il timore che il Covid-19 torni a serpeggiare in Molise è avvertito con preoccupazione da molti cittadini, incentivati a ragionare in questa direzione anche a causa degli ultimi dati sui positivi registrati nel territorio, quasi tutti riconducibili a provenienze dall’estero. Una verità, è evidente, che necessita, però, di una lettura razionale, scevra da condizionamenti non supportati da evidenze scientifiche.

Il Covid-19 è una pandemia, dunque è l’intero pianeta ad esserne interessato, oltre ogni confine politico e geografico; il Covid-19 non ha risparmiato nessuno, anzi proprio il nostro Paese è stato uno dei più colpiti, con le dovute proporzioni del caso; il Covid-19 sembra essersi accanito su alcune fasce di popolazione più sensibili, ma spesso sono anche le eccezioni a fare la regola; il Covid-19 sarà sconfitto da un vaccino ma fino a quel momento solo il distanziamento sociale e il rispetto delle misure anti-contagio saranno in grado di metterci al riparo.

Considerazioni scontate ma fino ad un certo punto, se davvero si vuol perseverare nella trattazione della tesi che sono i migranti i nuovi untori del Coronavirus. Con la fine del lockdown imposto dal Governo, agli italiani è stata nuovamente concessa la possibilità di compiere spostamenti, di frequentare locali pubblici, di andare in vacanza e di superare i confini nazionali; agli stessi, è stato imposto di farlo nel rispetto rigoroso di alcune misure, atte a garantire il contenimento del contagio. Sui livelli di attenzione riservati all’ossequio di tali regole si potrebbe parlare a lungo ma è sufficiente riflettere su ciò che emerge dai dati ufficiali che, di certo, non è motivo di vanto per i cittadini italiani, troppo spesso inadempienti.

Se il Covid è ancora presente non è certo una responsabilità da imputare ai soli cittadini stranieri e, in tal senso, strumentalizzare certi dati per fini strettamente politici, appare stucchevole quanto ingiusto. Il problema, semmai, riguarda l’incapacità di riuscire a gestire sul piano logistico certi flussi, lasciando i sindaci dei comuni interessati all’accoglienza, soli e con risorse materiali e umane insufficienti. Sono queste le ragioni, ad esempio, che hanno alimentato l’ira del primo cittadino di Campomarino dove, la scorsa notte, 20 ospiti di un CAS sono riusciti a fuggire dalla struttura. Un avvenimento mal digerito dal sindaco della cittadina costiera che, ragionevolmente, ha chiesto di incontrare i vertici prefettizi; sul tavolo, anche le implicazioni che il sindaco ha rilevato sul versante economico, come il presunto danneggiamento al sistema turistico della città.

Sul tema ha voluto dire la sua anche la consigliera regionale Filomena Calenda che in un post su Facebook ha scritto: “Non posso che esprimere la mia preoccupazione per quanto sta accadendo in queste ore in Molise sul fronte migranti. L’accoglienza e la solidarietà sono princìpi alla base della nostra società, ma non si può prescindere dal garantire la sicurezza sia a chi lascia il proprio Paese ma anche alle popolazioni che accolgono. Mi chiedo: sono giuste le modalità con cui pensiamo di aiutare queste persone? Davvero pensiamo che la soluzione giusta sia quella di richiuderli in strutture e palazzi, in cui quotidianamente scoppiano risse o si tenta la fuga? Ritengo che la solidarietà sia ben altra cosa”. Ma al momento della specifica e del chiarimento su quest’ultimo punto, tutto tace. In che modo, dunque, andrebbero aiutate queste persone? Cosa andrebbe fatto di diverso? Quali le proposte al vaglio della politica? Interrogativi senza risposta, conditi da più “illustri” dichiarazioni del tipo: “E’ tutto sotto controllo” o, meglio: “Nessuno ci aveva informato”, che ci conduce “dritti dritti” in quella spirale di rimpalli di responsabilità a marchio “biancorossoverde”.

I commenti sull’accaduto si sprecano, inutile dirlo, quasi tutti accomunati dalla nuova giustifica al vaglio della morale comune: garantire la salute pubblica dei cittadini italiani che funge da nuova premessa all’ormai abusata affermazione: “non sono razzista ma…”.

Orbene, alea iacta est: il Covid è scomparso in Italia perché siamo stati cittadini-modello, la mascherina possiamo tranquillamente infilarla sull’avambraccio per manifestare, se non altro, la nostra buona volontà, i morti sono “solo” 9 quindi stiamo andando nella direzione giusta, possiamo tranquillamente riprendere a non lavarci le mani dopo aver fatto pipì, le corse forsennate per accaparrarsi l’ultimo flacone di Amuchina sono solo un lontano ricordo perché, dopo tanta manifesta virtù, ora possiamo tornare ad abbracciarci calorosamente sotto gli ombrelloni.

Il Covid non è più cosa nostra. Il Covid, ora, è un problema dei migranti e i migranti, dunque, sono un nostro problema. Di salute.