Piccoli, troppo spesso spopolati, con la maggior parte anziani, i paesi del Molise hanno anche una parte di popolazione – gli studenti – che hanno diritto ad andare a scuola.

E ogni mattina devono percorrere dei chilometri per “soddisfare” questo dritto. Viene chiesto loro un sacrificio, quello del viaggio, con il bello e cattivo tempo. Su strade percorribili, ma per la maggior parte dei casi anche su strade precarie. Sono loro che già fin dall’infanzia si mettono sullo scuolabus, salutando i genitori dal finestrino, per andare a scuola a giocare, a imparare, ad apprendere tutto ciò che li farà diventare cittadini del domani.

Sono tanti i Comuni molisani che non hanno più le scuole. Gli stessi che in passato avevano le scuole anche nelle borgate ed erano comuni molto popolosi.Oggi hanno pochi studenti e non abbastanza per poter usufruire della scuola nel proprio paese.

Nella maggior parte dei casi per poter assolvere al diritto allo studio gli studenti, fin dall’infanzia, diventano dei pendolari, vivendo a pieno tutti le criticità legate al pendolarismo.

Il caso di Lupara, fa emergere problematicità che non dovrebbero esistere se si vuole che i piccoli paesi tornino a popolarsi o che non si svuotino del tutto.

Era il 3 agosto del 2019, con la chiusura della scuola, il sindaco di Lupara ha predisposto il trasporto degli studenti verso l’istituto onnicomprensivo di Casacalenda con una delibera di Consiglio comunale.

È Casacalenda il paese che può garantire una continuità, avendo tutti i cicli scolatici, seppure il comune più vicino è Lucito, dove ci sono le solo le scuole elementari con la pluriclasse.

Un trasporto che però non viene garantito. Gli studenti, sia delle scuole elementari che delle medie, devono essere accompagnati dai genitori o usufruire del pullman di linea, tenendo conto degli orari, delle coincidenze e del fatto che ad usufruirne sono anche altri utenti.

E se la protesta ha scatenato la solidarietà di altri comuni che hanno messo a disposizione degli scuolabus, la questione non sembra risolversi perchè, mancherebbe poi l’autista, l’accompagnatore e dei soldi che dovrebbero coprire altre spese.

In questo modo non viene garantito il diritto allo studio e se si volesse decidere di rimanere a vivere in un piccolo comune le buone intenzioni vengono scoraggiate.

Si sa che per una questione di numeri non tutti i paesi possano avere la scuola o perlomeno tutti i cicli scolastici, ma dovrebbe essere necessario garantire almeno il trasporto e in sicurezza.

Se il tanto parlare della aree interne ha incentivato il turismo, la promozione del territorio, allo stesso tempo si dovrebbero garantire tutti i diritti e anche quello all’istruzione.

Un sentire comune che rispecchia anche il pensiero dei genitori degli alunni di Lupara.

Questi piccoli comuni hanno bisogno di chiarezza. A livello superiore bisogna dire cosa bisogna fare. Almeno per quanto riguarda il trasporto scolastico deve essere garantito. Se si vuole rimanere in un piccolo paese e mettere su famiglia è normale che le istituzioni debbano tranquillizzare sul fatto che a scuola i bambini possano andare tranquillamente. Altrimenti è normale che si sceglie un posto più grande dove andare a vivere e far vivere i propri figli”.

E a capire in primis questa questione devono essere le istituzioni. Perchè se i sindaci possono toccare con mano la situazione e dovrebbero capire le difficoltà, poche volte gli amministratori regionali riescono a mettersi nei panni di chi le criticità – e in questo caso quelle che riguardano il trasporto scolastico – le vive sulla propria pelle.

Criticità di cui gli stessi alunni potrebbero risentire anche nell’apprendimento.

E quindi quando si parla di istruzione, di istituzioni scolastiche, quando si fanno proclami sui comuni marginali è necessario poi dargli la giusta attenzione.

È necessario potenziare il ruolo della scuola nelle aree interne ed è fondamentale quindi partire anche dal discorso del viaggio.

Senza però passarsi la palla tra istituzioni. Nessuno scarica barile, ma una sinergia che si traduca in progettualità, linee guida e direttive comuni. Perchè il problema che ha oggi Lupara domani potrebbe essere di uno  degli altri 135 comuni molisani.

Se nelle aree interne non sono soddisfatti i servizi “essenziali” di cittadinanza, in queste aree non si può vivere. Se una quota importante della popolazione ha difficoltà ad accedere a scuola in cui i livelli di apprendimento e la qualità degli insegnanti sia equivalente a quella garantita nei maggiori centri urbani (…) si entra in un circolo vizioso di marginalità per cui all’emorragia demografica, segue un processo di continua rarefazione dei servizi stessi, precludendo l’utilità di un qualsiasi intervento di sviluppo”.

E questo è facile capirlo. Se si vuole arginare il fenomeno dello spopolamento questi servizi devono essere garantiti. Così come deve essere garantito il luogo per poter fare cultura o la possibilità di poter promuovere attività extrascolastiche.

Ma allo stesso tempo deve esserci anche una cooperazione tra istituzioni e poi tra comuni confinanti che mettendosi insieme possano garantire alla popolazione tutta, tutto ciò che è necessario per vivere bene e degnamente in un territorio anche se marginale.

È stato fatto in altre zone d’Italia e lo si può fare anche in Molise. Lo si può fare con la collaborazione, che mette da parte il campanilismo e l’indifferenza. Ma che promuova la voglia di reagire e restare lì dove tanto ancora si può fare.