di Alessandro Matticola

C’è una cosa che gli italiani non sanno fare, oramai è appurato. Mancano di self control come dicono gli inglesi, sono facili agli eccessi e a prendersi tutto il braccio appena possibile. In altre parole, se qualcosa non viene imposto – a costo di lamentarsi sempre e comunque – non lo si fa.

Si è detto fin da subito che gli errori della gestione dell’emergenza sanitaria si vedranno e si pagheranno a posteriori, quando tutto questo sarà finito e ci sarà modo di valutare la situazione da un punto di vista più defocalizzato. E tralasciamo un momento le ipotesi complottiste, della serie “il virus non esiste”, “il virus non è così pericoloso”, “è tutto calcolato e preparato” – anche se su questa avrei qualcosa da dire – e così via.

La seconda ondata di contagi era annunciata fin dall’inizio, ma con molta probabilità, anzi, con qualche certezza, è una seconda ondata voluta e cercata sia dai cittadini sia dal governo.

Facciamo un passo indietro. Mese di Maggio. Con un calo significativo dei contagi, si decide di finire col lockdown in un colpo solo. In un primo momento si decide di limitare in qualche modo. Solo i negozi essenziali, poi i locali da chiudere a mezzanotte. Un mese di tempo e queste regole, vuoi per decisione vuoi per necessità intrinseca, non esistono più. Tana libera tutti e ben ritrovata libertà.

Anche perché l’errore più clamoroso che è stato fatto, è stato quello di emanare le misure economiche di contrasto alla crisi solo 15 giorni prima della fine del lockdown, a ridosso della Pasqua come un uovo regalato ad un bambino e soprattutto l’aver obbligato col monito “restate a casa” milioni di italiani, senza dare altre spiegazioni. Era l’unica cosa possibile da fare, ma mai nessuno ha avuto l’idea – e qui un dubbio mi assale – di dire al popolo che era l’unica cura possibile al momento e che i contagi calavano per quel motivo.

Da addetto ai lavori – ed è facilmente verificabile – durante l’estate il coronavirus come malattia scompare dalla stampa nazionale. È un problema alle spalle oramai ed anche per noi che dobbiamo fare informazione, reperire degli aggiornamenti argomentati sull’andamento della pandemia in Italia non è stata cosa facile.

E così si è arrivati, guarda caso alla fine della bella stagione e l’inizio dell’inverno, ad una risalita significativa e paurosa dei contagi, tanto da spingere il governo a prendere nuove misure di sicurezza.

Di certo non quelle di 6 mesi fa. Troppo duro il colpo e troppo indebolita l’economia, non si riuscirebbe a resistere ad un nuovo stop generale. E diciamolo, tra tanti passi positivi compiuti anche dopo la prima emergenza, su tutti il dialogo con l’Europa, adesso un po’ di paura c’è anche nel governo. La paura che la situazione possa sfuggire di mano in caso di nuovo lockdown, perché tutti ricorderanno – Conte compreso – che a Maggio fu letteralmente costretto a riaprire, in quanto il tremore di sottofondo degli italiani stava per scatenarsi e quello che poteva succedere non era dato saperlo.

Poi abbiamo avuto un’estate non proprio normale, dove a tenere banco è stata la scuola. I ragazzi devono tornare in sicurezza tra i banchi e devono tornare a settembre il prima possibile. Arraffiamo tutto quello che si può e buttiamolo in pasto al popolo, così che vedano che qualcosa è stato fatto. E i colleghi giornalisti di Campobasso ricorderanno bene le risposte non date ai microfoni e alle penne della ministra Azzolina lo scorso mese di giugno. Si è ritornati tra i banchi con misure esigue, lasciando tutto ai dirigenti scolastici oramai sempre più manager il cui compito è dover portare a casa risultati tramite i docenti, loro impiegati, che impartiscono – fatte salve le dovute eccezioni dei docenti con la D maiuscola e per fortuna ce ne sono tante – agli alunni loro consumatori quanto più sapere possibile.

Si arriva così alla situazione attuale, con un cocktail esplosivo che sta per detonare. Contagi che risalgono e il governo decide di demandare tutto alle regioni, perché ovviamente se è un presidente di regione a prendere una decisione, fa meno rumore ed è più attaccabile del governo centrale. “Agite!” ha chiesto il Ministro della Salute Roberto Speranza alle regioni. E quindi la colpa è di Vincenzo De Luca se bisogna chiudere tutto di nuovo in Campania, non dei contagi che sono risaliti. Ne tanto meno delle misure di sicurezza inesistenti a scuola e di una pianificazione seria dell’attività scolastica di quest’anno. La diffusione dei contagi tra gli alunni e i docenti era inevitabile, a prescindere da tutto, ma poteva essere arginata con una seria pianificazione dell’attività scolastica e non con misure blande date alla “carlona”.

E naturalmente in sei mesi non è stato fatto nulla neanche per i trasporti, con autobus, treni e metro di nuovo stracolme nelle ore di punta. Per alcuni versi Indro Montanelli aveva ragione, l’Italia sembra un malato di Alzheimer, dimentichiamo subito: succede qualcosa, si trova una soluzione temporanea, poi dopo qualche tempo ma non tantissimo il problema è punto e a capo.

Domani sera niente birra ne cocktail post cena con gli amici. I locali chiudono a mezzanotte e dalle 21:00 non si può sostare davanti ai pub. E comunque il governo non ha escluso altre misure restrittive: siamo tornati ai livelli di marzo, quando si è deciso di fermare tutto.

Lo abbiamo voluto noi?  Molto probabilmente si, non c’era bisogno di andare girando per l’Europa quest’estate considerata la situazione. Il governo non vuole prendersi altre responsabilità e ammettere gli errori? Questo è ancora più grave.