di Miriam Iacovantuono

Durante la fase più acuta della pandemia ricordiamo bene quando medici di eccellenza sono arrivati da Cuba ad aiutare, con molta solidarietà, l’Italia. Nella stessa isola, con la stessa solidarietà si lavora a vaccini no-profit totalmente pubblici che avranno costi molto bassi e potrebbero salvare dal Covid gli Stati più poveri del mondo. Un lavoro che viene portato avanti da un’equipe di medici di cui fa parte anche il ricercatore Fabrizio Chiodo, unico italiano del team.

Il giovane ricercatore ha raccontato a OFF in cosa consiste il lavoro che il centro di ricerca per vaccini di Cuba sta portando avanti e qual è la differenza tra i vaccini cubani e quelli che si stanno invece distribuendo in questi giorni anche in Italia.

“I quattro vaccini candidati cubani in clinical trial sono vaccini che chiamiamo sub-unità e quindi vuol dire che invece di presentare al sistema immune il materiale genetico per far sì che poi il corpo costruisca pezzi di virus, con il vaccino a sub-unità presentiamo all’organismo pezzettini del virus. E’ una tecnologia che richiede più tempo, ma si abbassano i costi. Chiariamo che al momento ci sono 62 vaccini in clinical trial in umano quindi non ci sono solo i 4 di cui si parla – quelli sono i 4 approvati – ma per una distribuzione globale ci vorranno tantissimi tipi di vaccini diversi tra cui i 4 cubani. Due di questi, quello su cui per lo più lavoro io, sono in fase due e pensiamo di finire la fase tre a marzo 2021”

Vaccini dunque che in una prima fase e come primo target avranno la popolazione cubana e poi essendo Cuba un Paese socialista, come succede in altri casi in accordo con l’OMS, con molta probabilità, verrà distribuito gratuitamente ad altri Paesi in via di sviluppo.

“Sarà un vaccino di tutti e per tutti”.

Un vaccino quindi che potrebbe arrivare anche in Italia e in Europa e secondo il ricercatore non ci sarebbe niente di strano.

“Se l’EMA (l’Agenzia Europea per i Medicinali) richiede il bisogno la cosa è possibilissima. Cuba esporta prodotti biotecnici in 48 Paesi al mondo e quindi non c’è niente di strano”.

Il ricercatore nello spiegare la differenza tra i vaccini cubani e quelli che si stanno distribuendo attualmente ha chiarito che il vaccino funziona se si presenta all’organismo qualcosa che gli ricordi questo virus che sulla sua superficie presenta la famosa proteina spike, una maschera che è sempre la stessa.

“Questi vaccini che sono in circolazione adesso danno alle cellule informazioni genetiche per far sì che le cellule producano questa maschera del virus, invece noi diamo al sistema direttamente la proteina del virus. Non c’è uno migliore o uno peggiore. Sono semplicemente tecnologie diverse che arrivano in momenti diversi perché questi di adesso sono difficili da mantenere, possono avere problemi con la temperatura. Hanno una tecnologia affascinante che ha dei limiti abbastanza evidenti. Chiaramente non mi aspetto che tutto il mondo possa essere protetto soprattutto nei paesi di sviluppo con una tecnologia che richiede uno stoccaggio a -80 gradi”.

Fabrizio Chiodo ha deciso di collaborare con Cuba perché è l’unico Paese che ha una ricerca al 100% pubblica e Cuba è l’unico Paese che ha una biotecnologia al 100% statale. Ma non per questo mette in dubbio la validità, la sicurezza e l’efficacia dei vaccini di Pfizer.

“Quello che spesso dico però è che se oltre a parlare sempre di quei due vaccini di Pfizer o Moderna, si allargasse anche la voce ai Paesi in via di sviluppo come Cuba, che con le compagnie farmaceutiche non ha niente a che fare, ma che sta lottando per un vaccino, questo farebbe ricredere tantissimi no vax”.

Il concetto dunque è molto importante e il centro di ricerca per vaccini di Cuba si è esposto non solo per far vedere quello che sa fare, ma soprattutto per far capire che anche nell’ambito dei vaccini stanno lavorando anche Paesi con un altro modello economico come Cuba e molto distanti da quello che è Big Pharma. Quattro vaccini su 62 in clinical trial sono prodotti e sviluppati a Cuba che è un’isoletta dei Caraibi povera di 11milioni di abitanti.

“Molti dei no vax o quelle persone che hanno paura del vaccino perché è imposto da Pfizer probabilmente potrebbero ricredersi”.

Spostando poi il discorso sull’Europa il ricercatore ha spiegato che i vaccini che si stanno distribuendo hanno la tecnologia che ha permesso un miracolo scientifico mai visto e fin dall’inizio i paesi del G8 e del G20 erano d’accordo con queste compagnie per avere queste dosi di vaccino.

“Non c’è niente di strano, non c’è niente di sottobanco. La prima botta di immunità alla popolazione si sta dando con questo tipo di piattaforme che hanno il loro prezzo e che hanno dei loro inconvenienti ma sono validissimi e per l’inizio vanno bene. Se pensiamo però su scala globale stiamo messi male. The Economist ha stimato che tutti i Paesi africani verranno vaccinati fine 2022 – 2023”.

Un problema che dunque non è da sottovalutare e che probabilmente anche in una situazione dove una pandemia non ha fatto distinzioni e non ha risparmiato nessuno non viene considerato abbastanza.

“Penso che ci sia un egoismo personale che tutto ruoti intorno ai paesi del G8. Anche alcuni organi di informazioni sono convinti che gli unici vaccini in circolazione sono i 4 di cui si parla invece in clinical trial ce ne sono 62 e 30 arriveranno alla fase tre e nel giugno del 2021 ci saranno 20/25 vaccini in circolazione”.

E anche in ambito scientifico e in questa situazione che ha colpito tutto il mondo senza distinzione si pensa a una realtà ancora troppo ristretta, ma, come ha detto bene Fabrizio Chiodo, fa parte dell’indole umana.

“Sono sempre cresciuto con un discorso etico globale, faccio il ricercatore perché penso ai bambini che muoiono di polmonite ogni 30 secondi. Bisogna fare capire che se si vuole bloccare qualcosa di livello mondiale bisogna pensare a tutto il mondo e non solo a vaccinare una minima fetta che sono i Paesi del G8 e del G20. Cuba intanto è l’unico paese che ha vaccini in clinical trial contro questo virus e ha un arsenale biotecnologico di medicine che fa invidia a Messico, Brasile e a volte anche Stati Uniti. Il sistema scientifico cubano non si basa solo sulla medicina ma si basa su tenere ben legati medicina, ricerca scientifica e mondo accademico tutti uniti sempre”.

Il lavoro che si sta facendo a Cuba sui vaccini è qualcosa sicuramente di straordinario ma che non ha richiesto dei ‘salti mortali’.

“Per due dei 4 vaccini candidati abbiamo usato delle tecnologie che già Cuba utilizza da 20 anni ad uso pediatrico. Quindi con molta probabilità abbiamo semplicemente copiato un pezzettino di una ricetta che si dà a neonati e lattanti da 20 anni e questo è interessante. Per i 62 vaccini in clinical trial nessuno sta utilizzando gli approcci che stiamo utilizzando a Cuba. È un’unicità anche scientifica”.


Dunque un altro mondo è possibile e Fabrizio Chiodo lo ha trovato proprio a Cuba dove ha deciso di fare il ricercatore.

“Il mondo accademico a volte fa una ricerca fine a se stessa e molto spesso quando si arriva ad avere un prodotto che può avere un impatto clinico ovviamente rimane lì in laboratorio a meno che non viene data a una compagnia farmaceutica. Mi avevano sempre detto che senza le compagnie farmaceutiche questo modello economico poteva prevedere un prodotto che dal laboratorio andasse al paziente, ma c’è una eccezione che è Cuba che è al 100% pubblica, statale, no profit e per una serie di motivi anche scientifici loro erano pionieri anche nel campo di ricerca di vaccini contro polmoniti e meningiti, sono stati i pionieri nella biotecnologia, me lo sono trovato tra le mani e dal 2014 collaboro e faccio parte di loro perché era l’unico modo che un prodotto passasse da un mondo accademico alla cittadinanza in modo pubblico”.

Il Covid ha invaso il mondo e senza distinzioni e se ha causato e accentuato disuguaglianze economiche non ci sono state distinzioni sul fronte contagio e allo stesso modo dovrebbe essere così per la cura.