di Antonio Di Monaco

Il commissario ad acta della Sanità molisana non ci sta, rilancia e risponde per le rime al presidente della Regione, Donato Toma. “Gravi e illegittime interferenze nelle attività della struttura commissariale” sono state le parole con cui ha bollato il decreto numero 2 del 16 gennaio scorso con il quale il governatore imponeva al commissario ad acta la preventiva condivisione sugli atti della struttura commissariale relativi all’emergenza Covid. Parole contenute in una dura lettera inviata al Comando regionale della Guardia di Finanza e alle Procure della Repubblica di Campobasso, Isernia e Larino.

Più in particolare, Gustini denuncia la drammatica situazione in cui è precipitata la sanità molisana per evidenti responsabilità dell’azienda sanitaria regionale elencando le criticità nei diversi ospedali regionali e in particolare all’interno del Cardarelli. In quest’ultima struttura hanno effettuato un’ispezione anche i carabinieri del Nas che hanno opportunamente verbalizzato quanto riscontrato e anche lo stesso Giustini.

Nella lettera si descrive con dovizia di particolari anche la vicenda del deficit sanitario che ammonta a 120 milioni di euro al 31 dicembre 2020 che il commissario ad acta ha fatto emergere a seguito di una attenta verifica dei conti. “Mancano ancora le tasse aggiuntive pagate dai molisani e trattenute dalla Regione”, ha sottolineato Giustini ricordando che il tutto è stato denunciato alla Corte dei Conti.

Secondo molti osservatori, il Molise può essere definito come “il laboratorio d’Italia” perché concentra i pazienti Covid in un unico ospedale e si spalmano gli altri in tutti i fragili ospedali residui con una carenza di personale cronica fantasticando sulla torre Covid da costruire al Cardarelli di Campobasso. Un disegno orchestrato, a lungo termine, per privatizzare la sanità pubblica consentendo ai privati di incrementare gli extrabudget.

Già nella passata legislatura a guida Frattura, il piano sanitario regionale – poi confermato dal governo nazionale gialloverde che ha nominato l’attuale struttura commissariale – si prefiggeva di rientrare dal debito e di completare l’attuazione del Piano Frattura, compresa l’integrazione tra pubblico e privato. Nel primo caso, il commissario ha scoperto il debito nascosto, circa 120 milioni, su cui buona parte della politica e del territorio fanno orecchie da mercante. Nel secondo, si ribadiva la linea del Governo Nazionale circa la ripartizione dei fondi tra pubblico e privato, il quale nel Piano Frattura otteneva il 41%. Ma per rovesciare il tavolo con tutto questo disegno occorre l’unità del contesto sociale per ricordare ai governi regionale e nazionale il diritto sacrosanto e inalienabile alla salute che non può essere trasformato in privilegio per pochi.