di Antonio Di Monaco

Gli esperti, già come ammoniva Michel Foucault negli anni ’80, usano i numeri non per misurare fenomeni, ma per “indirizzare i nostri comportamenti”. I dati epidemiologici, in questo caso del Covid sono frutto di una virtuosa combinazione di numeri e sentimenti – come spiegano gli scienziati – in cui si anticipano i fenomeno contagiosi intuendo, sulla base di segnali deboli, come avrebbe detto Marshall McLuhan, l’approssimarsi di fenomeni patologici.

Il Molise, naturalmente, non è esente da questa narrazione che parte dall’assunto, tutto italiano, di non comunicare agli organismi internazionali tutti i casi asintomatici. Ogni giorno vengono comunicati dall’Asrem, e poi sul sito del ministero, il numero dei tamponi effettuati ed il numero dei contagiati. Da quei dati, posto che siano veritieri, si ricava la percentuale dei contagiati sul totale dei tamponi effettuati ed anche il valore dell’Rt (indice di trasmissibilità del virus) giornaliero. A questo punto, si impone una domanda: ma nel totale dei tamponi effettuati, non sono compresi anche i secondi ed i terzi tamponi di controllo, che includono, se negativi, anche i guariti? Se così fosse, le percentuali non sarebbero attendibili e neppure l’Rt. Ciò vuol dire che risulterebbero entrambi più alti di quelli che vengono implicitamente comunicati.

Un esempio pratico per essere più chiari. Prendendo i dati del bollettino dell’Asrem diffuso domenica scorsa, 14 febbraio, si legge che sono stati lavorati 341 tamponi totali, di cui 288 antigenici. La differenza è 53, cui vanno sottratti i 12 positivi antigenici e si ottiene 41, ossia il numero dei positivi della giornata. Dal bollettino si evince che hanno lavorato solo 41 tamponi molecolari con il 100% di esito positivo.

È evidente che qualcosa non torna. Innanzitutto per la differenza biologica che esiste tra tampone antigenico e molecolare. Nel primo caso, esiste un’alta corrispondenza di falsi positivi perché si tratta di un test cromatografico, ossia a livello del sangue (il cosiddetto tampone rapido che non usa la tecnica molecolare, la PCR). Nel secondo caso, con il tampone molecolare si rileva la presenza virus a livello cellulare e quindi si tratta di un test assolutamente reale.

Siamo quindi di fronte a dati inconcludenti e poco credibili sulle stime dei positivi che rimangono misurazioni aleatorie perché non si basano su un campione stabile di tamponi. È evidente che, se aumenta il numero dei tamponi, possa aumentare l’area degli infetti e solo una proporzione fra i due valori può fornire il vero trend. Se l’aumento degli esami, distribuito in più giorni, coincidesse con una diminuzione degli infettati, allora diventerebbe serio parlare di una vera inversione di tendenza. Se non si procede con questa determinazione, come stanno chiedendo con forza i grandi quotidiani americani come il Washington Post e il New York Times, i quali hanno capito che è il momento di arginare i monopoli digitali, si rischia di perdere anche la partita della fase 2 ed avere dati inconcludenti e poco credibili, togliendo ogni autorevolezza e rappresentatività alle decisioni istituzionali, persino se queste dovessero essere nel giusto.