di Antonio Di Monaco

“Questa è la strategia per privatizzare: tagli i fondi, ti assicuri che i sevizi non funzionino, la gente si arrabbia e tu consegni al capitale privato”. L’assunto dello scienziato cognitivista nonché linguista statunitense, Noam Chomsky, fotografa nitidamente la situazione della sanità molisana che va avanti da qualche decennio a questa parte. Posto che vi sono fondi aggiuntivi per il rinforzo alla rete sanitaria – senza dover fare i conti con i buchi del bilancio sanitario – per quasi un anno non se ne fa niente. Sì, perché in Molise si mettono gli uni contro gli altri. Persino i territori si beccano tra di loro, come i polli di Renzo.

Ma l’importante è non aver fatto nulla: niente assunzioni, niente aumento dei posti in Rianimazione, Usca (Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale) sotto il target indicato dal governo, medici costretti a scegliere chi mandare in Rianimazione. Il progetto approvato, con colpevole ritardo e con l’aiutino del Governo per l’uno e per l’altro, con la Torre che si innalza, ma solo nei costi. L’importante, quando contagi, ricoveri e decessi crescono in maniera esponenziale, è arrivare alla Fase 5, ossia quella in cui si può ricorrere al privato senza aver fatto niente.

Nel deserto di cure, nella disperazione di tanti, nella tensione dei sindaci – massima autorità sanitaria – tutto va bene, tutto fa brodo purché venga curato chi sta male. In questo modo, si ottiene la privatizzazione con il consenso: la sindrome di Stoccolma. Ma poiché anche i ricchi piangono, specie in tempo di pandemia, partono le crociate tra i privati laici contro i cattolici, ognuno con le sue truppe e i suoi generali. Con il Molise che diventa terra di conquista dell’armata Brancaleone.