di Miriam Iacovantuono

Il Molise sta vivendo uno dei periodi più neri legati a questa pandemia. Le notizie sui decessi e l’aumento dei contagi fanno togliere il fiato e il virus che colpisce sempre di più le persone giovani evidentemente sta restituendo il conto di qualcosa che non è andato su un’organizzazione che ha fatto acqua da tutte le parti. Un sistema sanitario al collasso ha fatto tornare al pettine nodi che vanno legati a scelte sbagliate fatte in passato e il cui tiro non si è stati in grado di aggiustarlo neanche quando ci sarebbe stato tutto il tempo per farlo. La morte di Mariangela, la vittima più giovane del Molise, pone una serie di interrogativi anche su quella che è o che sarebbe dovuta essere l’organizzazione della medicina territoriale. Mariangela, che viveva a San Martino in Pensilis aveva 33 anni ed era affetta da una disabilità grave ed è morta all’ospedale San Timoteo di Termoli, dove era stata ricoverata dopo la scoperta della positività e l’aggravamento delle sue condizioni di salute. Non possiamo sapere se Mariangela sarebbe ancora qui se solo si fosse implementata l’assistenza domiciliare integrata, ma ci sono testimonianze che raccontano che in molti casi le cure non sono state tempestive. Una storia che però dovrebbe far riflettere e pensare che il Molise davanti a tutto questo è ancora impreparato e lo dimostrano i posti di terapia intensiva che non ci sono, i ricoveri per Covid nelle astanterie di altri nosocomi che non sono il Cardarelli che è centro Covid.

Tina De Michele, presidente della Consulta per le disabilità del Comune di Termoli, commentando la situazione epidemiologica in Molise ha dichiarato a OFF che lavorare su un’assistenza territoriale fatta bene aiuterebbe a decongestionare gli ospedali. “La storia di questi mesi ci ha insegnato che il Covid è una malattia che prima viene curata, prima viene presa tempestivamente e quindi al momento in cui si scopre che il tampone è positivo e più ha facilità di evolversi verso una prognosi positiva”. E dunque non si può certo perdere tempo. “Abbiamo avuto tutto il tempo per pianificare anche sulla medicina territoriale come l’implementazione delle USCA. Noi – ha continuato – ci troviamo nel territorio del distretto di Termoli Larino con una Usca soltanto con 100.000 abitanti. E l’unica persona che si è posta questo problema è stata la consigliera Manzo. E’ l’unica che parla di questo aspetto che è fondamentale”. Che poi porterebbe delle conseguenze positive anche su quella che è la situazione degli ospedali, perchè si alleggerirebbe la pressione su nosocomi.

Un altro aspetto è poi quello legato ai vaccini per i caregiver che dovrebbero essere inseriti tra le categorie con priorità. I disabili non escono, ma i familiari anche se escono solo per andare a fare la spesa sono loro che potrebbero portare il virus a casa e devono essere tutelati per tutelare così anche le persone fragili che hanno accanto.

E così mentre rincorriamo questo filo di una organizzazione ingarbugliata e di scelte che si portano dietro un ritardo troppo lungo, il Molise si trova a vivere la stessa situazione che hanno vissuto i cittadini di Codogno un anno fa, con l’unica differenza che Codogno era all’inizio dell’emergenza e ci si poteva trovare forse impreparati, ma oggi non è più giustificabile tale situazione e tali scelte.