di Antonio Di Monaco

Dire no e poi precipitarsi a mettere le bandierine è di sicuro più semplice, ma forse anche poco utile ai molisani cui si dice di pensare. L’uscita dei consiglieri regionali del M5S dall’Aula al momento del voto sull’emendamento a firma di Michele Iorio (FdI) sulla rimozione dei vertici dell’azienda sanitaria regionale e la riapertura del Vietri di Larino, fa venire il sospetto che la loro azione politica ormai sia solo criticare, rincorrere il presidente della Regione e mettere le bandierine. Eppure, con oltre una legislatura e mezzo alle spalle, dovrebbero aver compreso che la politica si fa con le scelte e con gli atti. Visti i risultati del voto sulla mozione, bocciata con otto voti contrari della maggioranza in cui erano assenti Filomena Calenda (altra firmataria dell’atto insieme con Aida Romagnuolo) e Andrea Di Lucente, ma che soprattutto ha incassato l’astensione di Salvatore Micone, è stata persa un’occasione per mandarla sotto. Infatti, sommando i sei voti del M5S, i due del Pd e quelli effettivi di Iorio e Romagnuolo, sarebbe stato un dieci a otto e si sarebbe aperta una crisi reale, numerica oltre che politica come peraltro è già evidente.

Non è di questo avviso il gruppo del M5S che, in una nota, ha cercato di giustificare la sua singolare strategia d’Aula. “Nel centrodestra è in atto una lotta tra le anime di Fratelli d’Italia – hanno scritto in una nota – roba da vecchia, logora politica, ma l’emendamento Iorio era anche pericoloso perché rischiava di tenere il Molise privo di una struttura Covid dedicata. Infatti, da una parte sosteneva ancora il Vietri, progetto che lo scorso anno abbiamo proposto ma che ora è diventato irrealizzabile proprio per l’incompetenza di tutta la governance sanitaria, Toma compreso. Dall’altra, lo stesso emendamento chiedeva di sospendere i lavori alla Torre Covid nonostante un appalto già assegnato, quindi mettendo a rischio la realizzazione di un centro antivirus sia a Larino sia a Campobasso”. Del resto “anche la mozione presentata dall’assessore Niro è mero artificio politico, perché contestare l’intera governance sanitaria salvando il presidente di Regione che è capo della Protezione civile e Vertice dell’Unità di crisi, è una presa in giro. Davanti a giochi politici e strumentalizzazioni abbiamo quindi deciso di abbandonare l’Aula” che, per il M5S, “ha significato rispettare i molisani”. Poi, il Movimento si catapulta letteralmente a mettere la bandierina “puntando sulla mozione con cui chiediamo di sostituire i vertici Asrem, tra i principali attori dello sfascio in sanità. Abbiamo chiesto di discutere subito il tema, ma il centrodestra si è opposto e l’atto tornerà in Aula il mese prossimo, dopo la discussione sul Bilancio”.

Prima però, il centrodestra incassa l’approvazione della mozione Niro con undici voti favorevoli e due contrari, ossia Iorio e Romagnuolo. L’atto di indirizzo riguarda l’istituto del commissariamento e non più la singola persona attraverso un’attività di controllo nei confronti del commissario ad acta in pandemia, soprattutto per quanto concerne gli atti programmatori. Il no di Iorio non lascia indenne il presidente Toma che replica a muso duro: “Consigliere Iorio, è l’ultima occasione per finirla. Se la maggioranza sarà compatta è bene, altrimenti ne discuteremo. Le mozioni di sfiducia non devono essere minacce per chiedere atti illegittimi. I nostri parlamentari poi si sono mossi solo per il Vietri di Larino e poi sono spariti. Parlo tutti i giorni con il ministro Speranza e non mi sono mai opposto al Vietri di Larino. Lei, consigliere Iorio, ha colpe per quanto riguarda il debito sanitario”, è la freccia avvelenata del governatore in un centrodestra che, dopo l’astensione di Micone potenzialmente fatale, è diventato una vera polveriera.