di E.S.

L’ultima tragedia è stata ieri. Aveva solo 22 anni ed era madre di una bimba: Luana D’Orazio è la giovane che è rimasta vittima di un incidente sul lavoro. La tragedia è avvenuta all’interno di una fabbrica tessile a Oste di Montemurlo.

E la lista di morti sul lavoro è lunga, fatta di storie diverse, ma accomunate dallo stesso triste epilogo. Una strage che secondo l’Anmil, Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, ha visto perdere 120 persone – dal 1 gennaio al 1 maggio – mentre svolgevano il proprio lavoro o nel tragitto per andarci. Dati provvisori che vede una maggioranza composta da individui di sesso maschile, il 43% è tra i 40 e i 60 anni.  Il mondo dell’edilizia è il più colpito dal fenomeno, insieme a quello dell’agricoltura. Le principali cause di morte sono le cadute dall’alto, lo schiacciamento o il crollo di muri, il ribaltamento di mezzi e la fulminazione.

Dati, numeri, statistiche che risultano freddi e vuoti ma dietro i quali sono presenti tante storie. E nulla valgono i finanziamenti per la formazione del personale. Quello che i lavoratori e i datori chiedono, soprattutto in questa fase pandemica, è una maggiore tutela e garanzia di poter svolgere l’attività lavorativa senza pressioni fiscali che alimentano quel lavoro nero di cui mai nessuno vorrebbe esserne parte. E fino a che questo impegno non sarà una priorità per la classe politica, poco incline a individuare le reali problematiche nel mondo del lavoro, la strage continuerà indisturbata.