L’Italia è un Paese con livelli demografici estremi, da record, senza alcuna distinzione significativa tra le regioni: la struttura invecchiata per età, la bassa fecondità, la lunga transizione dei giovani allo stato adulto, i forti legami familiari, la lunga durata della vita, la veloce crescita della popolazione straniera. È il quadro delineato il 3 giugno in occasione della presentazione del Rapporto Scientifico sulla Popolazione, realizzato dall’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione.

In particolare, l’andamento delle nascite durante il ventennio è caratterizzato da tre periodi. Il primo di ripresa, dal minimo da record mondiale di lowest-low fertility del 1995 (1,19 figli per donna) fino al periodo della Grande Recessione, con un picco di 1,46 figli per donna nel 2010. C’è poi una fase “dell’incertezza”, con un declino e un nuovo minimo nel 2019 (1,27 in totale, e 1,18 per le donne italiane). Il report fa emergere come la crescita della popolazione italiana, fino al picco storico del 2015, sia “stata sostenuta negli ultimi anni in modo particolare dall’incremento dell’immigrazione, con un cambio stabile nel segno del «saldo migratorio» (differenza tra immigrati ed emigrati nel corso di un anno), che diviene da negativo a positivo nel corso degli anni ’90 del secolo scorso”.

Il report segnala, inoltre, che l’andamento dei movimenti migratori nell’ultimo ventennio contribuisce a quadruplicare la popolazione straniera residente, che raggiunge una quota dell’8,8% al primo gennaio 2020.