di Greta Rodan

Valeria Dubini, medico e Presidente di AGITE, associazione ginecologi territoriali, che da sempre nella sua lunga e brillante carriera si occupa di tutela della salute e dei diritti delle donne, ha promosso una raccolta firme a difesa della legge sull’aborto, la n.194 del 1978, contestata dal Prof. Benedetto Rocchi, economista, il quale ha dichiarato, in sintesi, che tale legge promuove l’aborto clandestino, è usata come mezzo per il controllo delle nascite ed è uno spreco di risorse economiche.

La Dottoressa Dubini sostiene invece, da medico e da donna che si mette a protezione dei diritti delle altre donne, che la 194 sia una buona legge e sottolinea che tutta la comunità scientifica si è mossa per difenderla, ritenendola attuale e ben fatta. “La questione della permanenza, in percentuale piccolissima, degli aborti clandestini”, spiega la Dottoressa, “è legata non alla legge ma alla sua applicazione, che, per la questione della obiezione, non permette la realizzazione dei servizi oppure massacra gli operatori. Aver tolto dalle mani delle mammane e dei cucchiai d’oro e aver portato nelle strutture pubbliche le donne, quasi azzerando quelli che passavano per aborti spontanei ma erano invece risultato di aborti clandestini, vuol dire anche far passare una cultura di maggiore autoprotezione e una maggiore educazione contraccettiva.

Con l’introduzione poi sempre più capillare dell’aborto medico, a discapito di quello chirurgico, si garantisce che il rischio di conseguenze diminuisca, e si annulli quasi, ma significa anche un notevole abbassamento dei costi”. Questo anche in risposta alle affermazioni di Lella Golfo, ex deputata del Partito Socialista e fondatrice della Marisa Bellisario, che, attraverso una lettera all’Avvenire, aveva suggerito una sospensione della legge per 5 anni e una sua applicazione solo in casi terapeutici o di violenza; perché l’aborto, secondo la Golfo, sarebbe pericoloso e bisognerebbe spingere le coppie a concepire dando loro un lavoro e una casa.

“La condizione economica”, spiega la Dott. Dubino, “in tutta la mia esperienza, non è mai, o quasi mai, la motivazione che spinge una donna a prendere la decisione di interrompere la gravidanza. Le donne arrivano da noi molto convinte di quello che stanno per fare. Credo che questa polemica su una legge così buona derivi dal fatto che dia fastidio, che ancora dia fastidio, che l’aborto sia e debba essere un diritto delle donne. L’affermazione dei nostri diritti, è questo che infastidisce, e fa dispiacere che dichiarazioni così siano arrivate da una donna, la Golfo”.

Conosce la situazione del nostro Molise, la Dottoressa Dubini, con l’esistenza da noi di un solo medico abortista, il dottor Mariano, che per anni è stato l’unico a praticare l’aborto, in un’unità dell’Ospedale Cardarelli, una sorta di ghetto, nella quale si è ritrovato a essere colui che, solo, garantisse il rispetto della legge 194 e della sua profonda natura civile. Il 31 luglio Mariano andrà in pensione e la sorte di questa ala, e di chi tra noi decida di non portare avanti una gravidanza, resta un enorme punto interrogativo. La Dubini, parecchio dispiaciuta per questa condizione sanitaria molisana, racconta invece di quello che lei, coi suoi collaboratori, è riuscita a fare come dirigente medico dell’UFC delle attività consultoriali di Firenze, dove la sua equipe, che si occupa anche della applicazione della 194, è riuscita a portare al 60% la percentuale di aborti medici, con una flessione importante per quelli chirurgici. “Nel mio gruppo ho anche due obiettori. Il punto importante, nella mia professione e in un paese civile, è non confondere mai ideologia e contenuti”.