In un documento dal titolo “L’estensione del green pass al lavoro privato”, Confindustria ritiene auspicabile la richiesta dei danni al lavoratore senza green pass in alcuni casi precisi. “Ogni comportamento che dovesse recare danno all’impresa, incidendo negativamente sulla possibilità di far fronte ai propri obblighi contrattuali, legittima la reazione aziendale sul piano della richiesta del risarcimento danni”, si legge nella nota.
QUALI LAVORATORI RISCHIANO – Tra i casi ipotizzati come passibili di richiesta di risarcimento danni ci sono quelli di lavoratori impegnati in appalti/commesse/ordini in cui è essenziale la loro presenza, lavoratori in trasferta che non possono partire in mancanza di green pass, lavoratori assunti in edilizia per uno specifico appalto.
QUANTI LAVORATORI NON VACCINATI – Dati ufficiali non ce ne sono, ma – secondo quanto riporta il Corriere – qualcosa si può dedurre incrociando i numeri Istat con quelli delle vaccinazioni. Gli occupati in Italia sono circa 23 milioni, è ragionevole pensare che gli italiani occupati siano vaccinati in una percentuale compresa tra il 75 e l’80%. Quindi i lavoratori non vaccinati potrebbero superare i 4 milioni, circa il 15% del totale.
VALIDITÀ TAMPONI – Il mondo delle aziende preme affinché la validità dei tamponi ai fini del green pass sia allungata sempre a 72 ore in modo da semplificare i controlli. Grazie ai prezzi calmierati oggi un lavoratore no vax spenderebbe circa 200 euro al mese in tamponi. Tutte le associazioni delle imprese, da Confindustria a Confcommercio, consigliano alle aziende associate di lasciare questo onere a carico dei dipendenti.
PRIMI ACCORDI SUI TAMPONI – Allo stesso tempo però le aziende alle prese con molti lavoratori non vaccinati e quindi che per il green pass devono continuamente sottoporsi a tampone, devono fare i conti con il rischio del venire meno di manodopera preziosa per la produzione. Anche per questo nelle aziende dei settori che stanno lavorando a pieno regime si cominciano a fare accordi in cui l’impresa si fa carico del pagamento dei tamponi. Il fondo bilaterale Est del settore del commercio garantisce poi il rimborso delle spese per tamponi.
IL PROBLEMA DEI CONTROLLI – Per motivi legati alla privacy l’azienda non può chiedere la scadenza del green pass e deve, quindi, verificare il green pass ogni giorno. Per quanto riguarda la questione dei controlli a campione, il decreto del 21 settembre che ha introdotto il green pass sul lavoro dal 15 ottobre li permette. Ma Confindustria in una sua nota interna li sconsiglia. E così le altre organizzazioni delle imprese, da Confartigianato a Confcommercio.
PERCHÉ SONO SCONSIGLIATI I CONTROLLI A CAMPIONE – Il titolare dell’azienda è responsabile per quanto riguarda salute e sicurezza sul luogo di lavoro. E se si dovesse originare un focolaio in azienda dovuto al fatto che non si sono controllati uno a uno i green pass dei dipendenti, il datore di lavoro chiamato in giudizio potrebbe dover giustificare la sua condotta. Per questo le associazioni delle imprese sconsigliano i controlli a campione.
SMART WORKING – Secondo l’Agi, l’Associazione dei giuslavoristi italiani in audizione presso la commissione affari costituzionali del Senato, andrebbe chiarita la questione relativa ai controlli sui lavoratori da remoto.
LAVORATORI SOMMINISTRATI – I cosiddetti lavoratori “somministrati”, coloro che sono assunti da una agenzia privata per il lavoro e distaccati presso una seconda impresa, dal 15 ottobre, potrebbero essere oggetto di un doppio controllo del green pass: nella società che paga loro lo stipendio e in quella in cui svolgono la prestazione.
LAVORATORI DALL’ESTERO – Un altro aspetto da risolvere è quello dei lavoratori dall’estero che arrivano in Italia, come ad esempio gli autotrasportatori: molti vengono spesso da Paesi in cui vengono somministrati vaccini, come lo Sputnik, che nel nostro non sono riconosciuti.